Due anni fa Trevor Powers ha deciso di cambiare pelle. Si è lasciato alle spalle Youth Lagoon, il moniker / alter ego che l’aveva fatto conoscere e dietro cui amava nascondersi, dopo tre album di curioso e colorato dream pop (“The Year of Hibernation”, “Wondrous Bughouse”, “Savage Hills Ballroom”). Concluso il progetto Youth Lagoon, Powers ha viaggiato in lungo e in largo in America, Europa e Asia alla ricerca d’ispirazione, trovandola alla fine nelle opere di Francis Bacon, Ray Bradbury, Gertrude Morgan e Harry Clarke. Una metamorfosi fisica (il look à  la Mark Bolan è ormai un ricordo lontano) e musicale evidente in questo “Mulberry Violence”. Un album spigoloso, che porta all’estremo alcuni elementi già  presenti in Youth Lagoon.

Non fa sconti Trevor Powers. Crea un mondo in bianco e nero, brutale e un po’ crudele, riflettendo a lungo sulla violenza, la cattiveria, i limiti dell’essere umano. Il lato pop e sognante resta sullo sfondo, soppiantato spesso da suoni taglienti e rumori poco rassicuranti, incubi privati e storie di ordinaria follia. Non c’è traccia del falsetto estremo che era diventato il marchio di fabbrica del periodo Youth Lagoon: la voce in “Mulberry Violence” è carica di effetti, distorta come l’urlo che accompagna le prime note di “XTQ Idol” o viscerale come in “Squelch”. L’unico punto di contatto col passato è il piano di “Plaster Saint” e “Common Hoax”. Trevor Powers è’ stato spesso paragonato a Perfume Genius e effettivamente con Mike Hadreas ha qualcosa in comune: la vulnerabilità , il modo di scrivere i testi, di arrangiare i brani, di trattare temi sempre molto personali senza censure.

Una somiglianza che “Mulberry Violence” conferma ma rende più sfumata, spostandosi in territori più vicini a King Krule o all’ultimo Bon Iver. Qualche giorno fa Powers ha scritto un articolo per “The Talkhouse” raccontando una storia che ha molto a che fare con la nascita di questo nuovo lavoro. Da ragazzino Trevor si sedeva spesso al piano e registrava le sue prime canzoni su alcune cassette che poi ogni anno consegnava a suo zio Terry, un fan della prima ora mai avaro di consigli e incoraggiamenti. La morte di quello zio per overdose ha segnato profondamente Trevor Powers e “Mulberry Violence” è un modo per affrontare quei ricordi e quei sentimenti. Un album poco lineare, che mette alla prova chi lo ascolta ma coraggioso per come fa i conti e taglia i ponti col passato.

Credit Foto: Chris Shoonover