Trevor Powers sembrava aver messo fine al progetto Youth Lagoon nel 2016, preferendo pubblicare a suo nome lavori ben più sperimentali, invece lo scorso giugno si è riappropriato – se momentaneamente o definitivamente resta da vedere – del nome d’arte per l’uscita di “Heaven Is a Junkyard” ben otto anni dopo il fortunato “Savage Hills Ballroom“.

Credit: Tyler T. Williams

Era stato quello il culmine di un periodo fertile e musicalmente iperattivo (tre dischi in quattro anni) che aveva lasciato il segno. Una laringite dopo una reazione allergica a farmaci ha seriamente rischiato di mettere in pericolo la voce di Powers, così particolare e caratteristica, fortunatamente ben recuperata in questi dieci brani. Un sound più riflessivo e delicato quello dello Youth Lagoon odierno ma sempre curato.

Sembra quasi sorpreso di avercela fatta Trevor Powers, timoroso di spingere la voce all’estremo e per questo predilige toni delicati come quelli del singolo “Idaho Alien” o le melodie di “Rabbit” lasciandosi accompagnare spesso dal pianoforte o da un’elettronica misurata, rarefatta in “Prizefighter” ad esempio o “Deep Red Sea”.  La misura di “Heaven Is a Junkyard” però è data soprattutto da ballate minimali  come “The Sling” già molto amate o “Trapeze Artist”.

C’è chi ha parlato di resurrezione riguardo a questo disco. E’ sicuramente un nuovo inizio, una ripartenza che non rinuncia a spunti creativi: la struggente “Mercury”, le storie di “Little Devil from the Country”, l’intensità dolorosa di “Helicopter Toy”. Non è un disco immediato “Heaven Is a Junkyard” né vuole esserlo, punta tutto su eleganza sonora e sfumature tenui ma se conquista diventa difficile ignorarlo.