L’annuncio di un nuovo album previsto per il prossimo Aprile a firma Idlewild apparecchia la tavola per provare a servire la nostra Top 10 che ripercorra, in ordine cronologico, la carriera di Roddy Woomble e soci. Eccola qua…

10 – YOU’VE LOST YOUR WAY

1998, da “Hope is Important”

Magari difficile da immaginare adesso, ma l’apertura del primo vero album degli scozzesi è un missile hardcore punk buono  per far terra bruciata tutto intorno a sè.

9 – WHEN I ARGUE I SEE SHAPES

1998, da “Hope is Important”

Grinta e cambi di passo punk-rock e gusto melodico.  Scegliamo questa a dispetto della più celebre “A  Film for  The Future” per il sublime passaggio  “And when I argue Syd Barrett makes me laugh”.

8 – ACTUALLY IT’S DARKNESS

2000, da “100 Broken Windows”

I suoni in  “100 Broken Windows”  si fanno più morbidi, e si punta ad arrivare ad un maggiore numero di orecchie.  Prendete il college-punk (a tinte comunque pop)  di “Actually It’s Darkness” come riferimento per farsi un’idea.

7 – AMERICAN ENGLISH

2002, da “The Remote Part”

Il processo di rendere l’offerta orecchiabile, ricca (spuntano piano, acustiche, archi), seppur pervasa da un senso di malinconia costante, è compiuto: con “American English” gli Idlewild si giocano la carta dell’instant classic. E  si prendono il piatto.  Un inno per il cosiddetto post-britpop.

6 – LIVE IN A HIDING PLACE

2002, da “The Remote Part”

“The Remote Part” è la consacrazione per Woomble e sodali, e il successo dell’album passa anche da singoli come questo.

5 – IN REMOTE PART/SCOTTISH FICTION

2002, da “The Remote Part”

Il pezzo che chiude l’album e simbolicamente una fase della carriera degli Idlewild: si inizia con una ballata calda ed arpeggiata, per poi come ricordarsi delle origini e tirare su un grandioso muro di chitarre a firma Rod Jones.

4 – THE SPACE BETWEEN ALL THINGS

2005, da “Warning/Promises”

I fan di più vecchia data storcono il naso per questo capitolo, dove il tiro si fa meno teso a favore di melodie più morbide e atmosfere più sedate tra archi e piano, in un processo di americanizzazione ottimo per i passaggi radiofonici. La scelta ricade allora su “The Space Between All Things”, che dietro ad un mantello lirico pop rock piuttosto scolastico, ci ricorda come i Nostri  siano ancora in grado di creare burrasche di chitarra elettrica.

3 – IN COMPETITION FOR THE WORST TIME

2007, da “Make Another World”

Gli Idlewild “divorziano” con la Parlophone  e decidono di riportare in prima linea chitarre distorte, basso ruvido  e batteria incalzante, e a fare musica per piacersi e non per piacere: allora indichiamo l’opener “In Competition for the Worst Time” e il suo carico agrodolce ed adrenalinico.

2 – CITY HALL

2009, da “Post Electric Blues”

Ormai staccatisi dalle major, gli Idlewild hanno comunque subito il totale contagio Stars&Stripes che li ha visti a più riprese essere accostati ai R.E.M.. In “Post Electric Blues” (realizzato  anche grazie al crowd-funding)  l’abito è però  più folk-pop e springsteeniano: allora scegliamo questa “City Hall” che trasuda positiva energia.

1 – USE IT IF YOU CANE USE IT

2015, da “Everything Ever Written”

Ormai dati praticamente per sciolti, gli scozzesi tornano con un sound maturo, strutturato, dove si punta sulla densità  e non sulla furia degli esordi o sulla ricchezza del periodo più pop. Certo, niente di memorabile, ma scegliamo questa “Use It If You Can Use It” dove si sentono sia Woomble che Jones, che gioca a fare il piccolo guitar hero nella seconda metà  a tinte jam di un pezzo che nasce armonioso e delicato.