Si è parlato tanto negli ultimi mesi di Sasami e di questo suo album d’esordio, pubblicato dalla Domino: la musicista californiana ha scritto queste dieci canzoni, mentre era in tour come tastierista dei Cherry Glazerr e le ha definite come “il desiderio di togliersi un peso dallo stomaco”.

Seppur ancora molto giovane, la Ashworth ha già  parecchia esperienza: dopo aver suonato il corno francese in orchestre e in studio, essere stata all’interno di alcune band, aver lavorato negli album di alcuni artisti già  famosi (Curtis Harding, Wild Nothing, Hand Habits) e scritto la musica per film, la ragazza losangelina ha iniziato solo recentemente la sua carriera solista.

Il suo omonimo debutto sulla lunga distanza racconta di amori non corrisposti e di sguardi verso il passato, mentre la sua voce, al contrario della strumentazione, rimane quasi sempre molto delicata, quasi sussurrata.

E’ “I Was A Window”, che vede ospite Dustin Payseur, a introdurci al suo mondo e ““ non sappiamo se sia un caso oppure no ““ qui si sente una certa impronta indie-pop tanto cara proprio ai Beach Fossils: i gentili vocals della musicista californiana sanno muoversi perfettamente tra le leggere percussioni, una chitarra poco invasiva e qualche synth distorto (a volte troppo rumoroso), mentre il senso melodico di questa opening è davvero una delizia.

Davvero ottime anche le sei corde della successiva “Not The Time”, che mettono bene in luce le loro influenze “’90s, con un attitudine molto scazzata a-la-Pavement, seppure in parte attenuata dai vocals, sempre molto educati e morbidi.

Un’altra collaborazione, “Free”, dove possiamo ascoltare la voce di Devendra Banhart, sa emozionarci in maniera forte: la lieve strumentazione si combina perfettamente con i vocals sentimentali della Ashworth e il tocco leggero di quelli del musicista di origini venezuelane è davvero una ciliegina sulla torta. E’ realmente un peccato che, dopo circa tre minuti, un rumoroso assolo di una chitarra, che pare impazzita e ““ a nostro avviso – assolutamente fuori luogo, rovini la splendida atmosfera che si era creata e che, per fortuna, possiamo ritrovare pochi secondi dopo.

La produzione del singolo “Jealousy”, con i suoi notevoli synth, ha un sapore molto moderno: pur piacevole, non sa, però, toccarci il cuore come parecchi altri brani presenti su questo disco.
Si passa, invece, negli “’80s per la conclusiva “Turned Out I Was Everyone”: percussioni e synth riescono a farci volare e sognare ancora una volta aiutati dalla voce suggestiva di Sasami.

Alla fine di questi quaranta minuti le somme che dobbiamo tirare sono comunque positive perchè la Ashworth ci ha saputo emozionare a lungo e ha dimostrato di avere qualità  e intelligenza, pur trovando parecchi richiami nel passato: le possiamo sicuramente perdonare quei pochi passaggi a vuoto, che ““ siamo certi – il futuro le farà  eliminare.

Credit Foto: Riley Blakeway