“The Center Won’t Hold”. Titolo profetico per le Sleater ““ Kinney. Il sodalizio che sembrava di ferro tra Corin Tucker, Carrie Brownstein e Janet Weiss non ha retto alle pressioni di questo nuovo album prodotto e pensato insieme a Annie Clark in arte St. Vincent.

Janet Weiss è uscita dal gruppo lo scorso luglio, dopo aver suonato in tutti gli undici brani (sua anche l’idea di coinvolgere St. Vincent). Una scelta improvvisa, una rottura amichevole ma dolorosa che ha diviso fan e appassionati già  di cattivo umore per la nuova direzione musicale esplorata dalle Kinney.

Metamorfosi è la parola d’ordine di “The Center Won’t Hold”. Sono cambiati gli equilibri, le dinamiche di gruppo, il modo stesso di scrivere brani concepiti per la prima volta a distanza, mentre Corin Tucker viveva a Portland e Carrie Brownstein a Los Angeles.

L’intro lento, elettronico, claustrofobico, incredibilmente dark della title track mette subito le cose in chiaro. Il ritmo sincopato di “Hurry on Home” ribadisce che non sarà  un disco qualunque. I sintetizzatori che rivestono la ruvida e inquietante “RUINS” e una pillola d’ironico, movimentato pop rock come “LOVE”confermano che è iniziata una nuova era in cui le chitarre (grintose ma non aggressive come in passato) sono solo una delle armi a disposizione.

Corin Tucker canta regolarmente un’ottava più in basso del normale, scoprendo nuovi modi di usare la voce nel crescendo di “The Future Is Here”. Carrie Brownstein è libera di sperimentare, di lasciarsi andare senza dover aderire a una formula precisa. La batteria di Janet Weiss sostiene e supporta, si prende il suo spazio in una spettacolare “Reach Out”, in “Bad Dance”, “Can I Go On” e “The Dog/The Body”. Un ritmo semplice, tribale diverso dalla furiosa dinamo a cui eravamo abituati e di cui sentiremo la mancanza.

Due ballate, la crepuscolare “Restless” e “Broken” solo piano emozione e voce con dedica a Christine Blasey Ford, rivelano il lato più indifeso delle Sleater ““ Kinney messo completamente a nudo dalla produzione di Annie Clark. Ci vuole molto coraggio a mostrarsi vulnerabile se sei stata un’arrabbiata riot grrrl. La rabbia non è scomparsa, viene gestita in modo diverso: più obliqua, senza un bersaglio preciso, colpisce comunque nel segno con testi graffianti e non certo scontati.

Le aspettative erano molto alte inutile nasconderlo ma le Kinney non fanno nè hanno mai fatto dischi per accontentare qualcuno. Seguono l’istinto e non si sono lasciate spaventare da critiche e polemiche. Hanno rischiato mettendosi alla prova in un disco moderno, ricchissimo di sfaccettature e di spunti di riflessione. Fragile e tagliente, cupo e dolente rappresenta la definitiva maturazione di una band che non ha paura di nulla.

Credit Foto: Charlie Engman