di Cassandra Enriquez

Ci eravamo quasi abituati a questa assenza dei Subsonica, da sempre iper produttivi e onnipresenti, ma da quattro anni latitanti dalle scene, con Samuel a Sanremo e Boosta che fa le sue cose. Quel “ma che fine hanno fatto i Subsonica?” sulla bocca di tutti i loro fan è stato zittito: i ragazzi sono tornati con “8”, a cui segue questo nuovo “Microchip Temporale”, un revival dei brani che hanno segnato la carriera di una band. Che poi, diciamocelo, neanche era così scontato che, in effetti, questi Subsonica avessero ancora qualcosa da dire a orde di nuove generazioni con le playlist sature di it-pop, trap e giovanissimi coi capelli colorati.

Discorsi da vecchi” a parte, la forza dei Subsonica in questo nuovo disco sta proprio nel non sentirsi vecchi, e non temere il giudizio degli altri, quelli dell’indie, portando invece, ancora una volta nell’album, le sonorità  che li hanno resi celebri e imposti sulla scena musicale del decennio scorso. Non è un salto indietro nel passato, ma un imporsi nel presente. Di fatto, “Microchip Temporale” non è solo il nuovo lavoro dei Subsonica, non è solo un tirare le somme e un confronto tra il prima e il dopo, bensì un nuovo capitolo, un nuovo inizio dopo due decenni di carriera, il mettersi al di sopra di una scena già  esistente che avevano guardato da troppo tempo solo da lontano e che, però, la band aveva avuto il coraggio (o il caso) di anticipare. Per fare questo si avvale di featuring non indifferenti da Willie Peyote a Motta, passando per Cosmo ed Elisa, tutte collaborazioni che ci fanno amare ancora di più i brani già  noti della band torinese, come vedere per la prima volta il nostro film preferito in alta definizione.

“Microchip Temporale” è un revival,   (in realtà ) più attuale che mai, che può essere sia un modo per riappassionarci a una band che, per qualche motivo, avevamo lasciato da parte, sia un trovare le giuste affinità  con questo gruppo per chi, prima di oggi, li aveva sempre considerati (a torto) “musica da genitori”. I Subsonica si lasciano trascinare, inglobare da ciò che hanno “studiato” e analizzato in questi anni di pausa, e tirano fuori davvero un bel lavoro, in cui le collaborazioni aumentano il pregio dei brani e della scrittura dei torinesi, non lo sviliscono. E’ così che capiamo come Cosmo e Subsonica, tanto per fare un esempio, siano esattamente sulla stessa linea d’onda, come se fosse tutto senza tempo e con un background musicale universale.

Alla fine quindi, che un’operazione, in apparenza, stucchevole come il “celebrare” una carriera ventennale con un disco che comprende la rivisitazione di grandi successi, diventa una delle operazioni più interessanti e innovative di un periodo in cui forse, per essere davvero innovativi, bisogna mettere in campo proprio il sudore speso in studio e sui palchi per vent’anni,   restando sempre coerenti a sè stessi…poi saranno tutti gli altri a venirti dietro.