La storia di Jason Molina è una racconto che, nella sua tragicità , è un po’ la storia di tanti artisti che non sono riusciti a  trovare sufficiente lo sfogo alla propria sensibilità  nell’arte, ma si sono trovati a dover purtroppo affrontare il proprio inesorabile destino senza possibili vie di fuga.

Questo album nasce nel periodo londinese di Molina, quando, come lui stesso ha raccontato, era stato costretto a un certo isolamento con conseguenti cure mediche a causa del morso di un ragno avvenuto durante un tour nel nord Italia.

Molina ha raccontato delle visite presso gli ospedali di Londra effettuate da un dottore simile al Dottor House, e di una infinità  di pillole che ha dovuto prendere, ma in realtà  ci sono molti dubbi sull’effettiva verità  di questo racconto, nessuna prova su visite o farmaci prescritti e molti, anche tra le persone che più lo conoscevano, tendono a non confermare totalmente questa storia.

Poco importa come sono andata le cose, resta comunque questo lavoro che rappresenta forse l’ultimo saluto ad un artista sensibile e innovativo, assolutamente indipendente e profondo, che insieme al mito Elliott Smith ha rappresentato la speranza del nuovo songwriting americano.

Un artista che nella sua carriera ha prodotto tantissimo, con i Songs: Ohia, come solista e con la band  Magnolia Electric Co., esprimendo una capacità  di scrittura che spaziava dal  blues, al country, al rock alternativo, mantenendo sempre una qualità  costante e capace di attirare l’attenzione di molti.

Le otto porte del titolo dell’album fanno riferimento alle famose sette porte di Londra, alle quali Molina aggiunge la sua ottava, nella quale troviamo le sue liriche personali che, come lui spesso ha detto, sono lasciate all’interpretazione e alla sensibilità  dell’ascoltatore.

L’ album dura circa venticinque minuti, e alterna brani compiuti e altri che sembrano abbozzati, sembrano ma non lo sono; in ogni caso con pezzi che è inevitabile chiedersi come siano stati dimenticati   per cosi tanto tempo.

Il brano di apertura è “Whisper Away ” che presenta all’inizio i versi dei pappagallini verdi che Jimi Hendrix liberò a Londra negli anni 60 e che Molina raccontava si presentassero sempre nel suo giardino, seguita da “Shadow Answers the Wall” pezzo fantastico, con la voce così particolare e commovente di Molina,   con un testo che ha la capacità  evocativa classica della sua lirica.

Qui troviamo un esempio della purezza della  poesia di questo autore,   nella quale mi permetto di leggere una ricerca di una luce che simboleggia la speranza, una luce che allo stesso tempo è lontana come quella delle stelle o temporanea ed episodica come quella della lampada che illumina l’oscurità  di un pozzo, siamo solo ombre e senza luce non esistiamo e non abbiamo speranza.

La poesia di Molina è viva più che mai, con l’intensità  della scrittura dei grandi autori, oggi che non c’è più ancora più commovente.

Ci sono diversi brani degni di nota come “Old Worry” con la viola di Josh Hillman capace di dare al brano l’intensità  che la canzone merita, o “Fire on the Rail”, uno dei momenti che preferisco ,con il testo che procedendo per immagini crea una tensione emotiva evidente,  “Be Told The Truth” dove la simbologia affronta il tema del ricordo .

Jason Molina è stato un grande autore che ha avuto il merito percorrere una strada intima e personale, sempre con una scrittura vitale e assolutamente geniale e profonda, una scrittura in cui l’ascoltare può assecondare la propria sensibilità  e cercare di leggerci il proprio significato.

Per chi già  lo conosce questo lavoro è l’occasione per godere ancora una volta della bellezza della sua scrittura, per chi non lo conosce bene rappresenta l’opportunità  per riscoprire un autore  capace di toccare il cuore.

Credit Foto: Christopher Bennett