Nell’anno 2000 in tutto il mondo impazzava la voglia di nu metal, una nicchia musicale ormai diventata molto grande (ma pur sempre una nicchia), che attraeva un pubblico giovane e ribelle.
In questo scenario dominato da Limp Bizkit,  Deftones,  Korn  e compagni, si inserirono verso la fine dell’anno anche questi sei ragazzotti americani che nel 1999 avevano presentato alle varie etichette discografiche un EP dal titolo “Hybrid Theory” e quelli della Warner ci avevano visto qualcosa. Gli  Xero vengono portati negli studi di registrazione NRG a Los Angeles, siamo alla fine del 1999, per uscirne fuori nel 2000 con un suono lievemente ritoccato da Don Gilmore  e Andy Wallace, dei testi rivisitati e perfino un nuovo nome:  Linkin Park. Due cose rimasero intatte: il nome dell’EP, che ora era un vero e proprio album di 12 tracce intitolato appunto “Hybrid Theory”, e le liriche melodiche di  Chester Bennington  che andavano a scavare sotto, tra le sue personali difficoltà  infantili e adolescenziali segnate da abusi sessuali, violenza e solitudine.

L’album esce il 24 ottobre del 2000 e comincia subito a detonare in tutto il mondo. L’epicentro della botta è sicuramente negli Stati Uniti (disco d’oro dopo 5 settimane e poi disco di diamante). Le ragioni del successo commerciale sono rintracciabili sicuramente nella incredibile orecchiabilità  dei brani e nella veridicità  dei testi di  Bennington  che riuscivano a colpire e a catturare milioni di adolescenti in tutto il mondo.
I  Linkin Park  erano come una boy band  molto  catchy  che riusciva però anche a saziare la voglia di distruzione dei giovani. La rabbia incanalata soprattutto nella voce e nelle urla di  Chester Bennington  esaltava e conquistava tutto il mondo giovanile dell’epoca.

“In The End”, quarto singolo di “Hybrid Theory” rimarrà  il brano (e il  videoclip) più famoso della band  statunitense.
Le 12 tracce del disco d’esordio dei  Linkin Park  in generale sono dodici pepite, ognuna a suo modo unica e incredibilmente ben riuscita. Il mio occhio di riguardo va alla coppia “A Place For My Head” ““ “Forgotten”, un dittico stupendo dove lo schema compositivo classico della band  si mostra in maniera impeccabile e super efficace.

Punto debole a mio parere dei  Linkin Park  sono le chitarre (stupende Paul Reed Smith tra l’altro) davvero molto scontate e dozzinali nel suono e nel colore.
Un secondo punto debole, che però si è svelato col passare degli anni, è l’eccessiva aderenza alla moda sonora del momento. Le parti “elettroniche” di “Hybrid Theory” oggi suonano veramente datate, così come la produzione che rimane spiacevolmente compressa ascoltando il disco 20 anni dopo la sua realizzazione.

I  Linkin Park  sono arrivati in ritardo sulla scena nu metal  e si sono presi tutto. Le influenze maggiori provengono dai  Nine Inch Nails  e dai  The Roots, ma si può captare dentro anche qualcosa dei  Depeche Mode  e certamente degli  Stone Temple Pilots. Questi ragazzi comunque sono riusciti senza dire parolacce e senza essere eccessivamente trasgressivi o innovativi a raggiungere con la propria musica più persone possibili, portando un genere di nicchia, se pur di successo s’intende, ad un livello commerciale davvero planetario. “Hybrid Theory” ha venduto oltre 27 milioni di copie in tutto il mondo ed è il disco più venduto del XXI secolo.

Chester Bennington  e Mike Shinoda  rimangono una coppia perfetta nella recente storia della musica, con il loro meraviglioso modo di interagire e di integrarsi. Rappresentano l’ibrido, l’essenza della band, come il soldato con le ali di libellula realizzato dallo stesso  Shinoda  per la copertina dell’album.

Il lamento di  Chester  era così vero che ha conquistato tutti, ma scrivere, cantare, urlare la sua sofferenza non è bastato. Essere compreso, apprezzato, non è bastato. Diventare ricco, famoso, ricercato, ed emulato non è bastato.  Chester Bennington  si è impiccato il 20 luglio 2017 all’età  di 41 anni.

Oggi “Hybrid Theory” compie 20 anni, e va assolutamente celebrato come uno dei dischi specchio del nostro ancora giovane, sofferente e preoccupante terzo millennio.

Data di pubblicazione: 24 ottobre 2000
Durata: 37:52
Tracce: 12
Etichetta: Warner Bros
Produttore: Don Gilmore
Registrazione: NRG Recording Studios, North Hollywood, California

Tracklist:
1. Papercut
2. One Step Closer
3. With You
4. Point Of Authority
5. Crawling
6. Runaway
7. By My Self
8. In The End
9. A Place For My Head
10. Forgotten
11. Cure For The Hitch
12. Pushing Me Away
Bonus Tracks:
13. My December
14. High Voltage