Il 4 marzo del 1991 usciva il secondo album di Morrissey, dopo il buon esordio “Viva Hate” e il   suo personale “Hatful of Hollow”, nel quale aveva raccolto alcuni singoli e b-side, l’ottimo “Bona Grag”.

Inutile dire che per i numerosissimi fan del buon Moz, che da tempo avevano avvisato il proprio pusher di vinili,   l’attesa era una vera tortura, tutti sicuri di trovare nel suo nuovo lavoro nuovi piccoli brividi.

“Kill Uncle” oggi viene considerato l’album più debole di Morrissey, confesso che all’epoca non lo trovai così terribile, certo non un capolavoro ma nel complesso, ad oggi, non è il peggiore della sua carriera.

Lo stesso Morrissey era però già  all’epoca consapevole di non aver dato il massimo per non aver messo in campo la pignoleria che lo aveva sempre contraddistinto.

Sicuramente ci troviamo di fronte ad un forte cambiamento e a una virata verso il pop improvvisa e inaspettata, senza dimenticare la chiusura della collaborazione con Stephen Street e il mancato rimpiazzo con qualcuno che avesse ancora un piede nel passato si fece sentire. Stephen Street aveva collaborato con gli Smiths a partire da “Meat is Murder” e “The Queen Is Dead” come ingegnere del suono, per poi addirittura produrre il loro definitivo saluto “Strangeways, Here We Come”. Morrissey aveva pensato giustamente di continuare con lui la collaborazione per il suo album d’esordio “Viva Hate”, per il quale Street non solo fa il produttore ma compone anche tutti i brani, successivamente il chitarrista dei Durutti Column, Vini Reilly che aveva partecipato alla registrazione dell’album, dichiarò che ogni canzone dell’album tranne “Suedehead” fosse stata composta da lui, ma ad oggi sembra che la cosa non sia mai stata confermata da nessuno.

La stessa successiva raccolta “Bona Drug” presenta parecchi brani a firma Morrissey/Street, brani che negli anni sono diventati iconici e continuamente riascoltati, “Ouija Board, Ouija Board”, “Interesting Drug”,”The Last of the Famous International Playboys” solo per citarne qualcuno.

Insomma l’accoppiata sembrava funzionare alla grande, ma il rapporto si inceppa e la collaborazione finisce.

Per “Kill Uncle” quindi non venne più coinvolto Stephen Street e sebbene la scelta potesse magari avere come obiettivo la volontà  di un definitivo allontanamento da un sound “alla Smiths”, il risultato fu poco brillante e, per quanto incapace di allontanare i fan storici me compreso, sarà  una brusca frenata rispetto ai numerosi riconoscimenti ottenuti con i brani dello storico produttore.

Morrissey lo sostituisce con Mark Nevin, e registra l’album all’Hook End Manor , mantenendo della sua vecchia formazione solo il batterista Andrew Paresi e sostituendo tutti gli altri con l’ingresso di   Mark Bedford dei Madness al basso, lo stesso Nevin alla chitarra, Seamus Beaghen dei Madness e Steve Nieve di Elvis Costello and the Attractions che si alternavano alle tastiere .

Sulla carta una super band eppure qualcosa non funzionò.

Il principale imputato è senza dubbio Mark Nevin, che commette un errore abbastanza evidente.

Mark Nevin vuole allontanare definitivamente Morrissey da riferimenti agli Smiths e lo fa sostituendo la chitarra con il piano, e con una produzione tutto sommato raffinata ma purtroppo non sostenuta da brani con un impatto melodico importante: il salto è coraggioso ma purtroppo non riuscito.

L’album avrà  pessime recensioni anche se comunque scalerà  la classifica inglese arrivando al numero otto.

Un album troppo pop e con poco carattere e scarsa incisività , della quale si renderà  conto lo stesso buon Moz che farà  marcia indietro e chiamerà  per il successivo sua maestà  infinita Mick Ronson, aggiustando il tiro e realizzando uno dei suoi album migliori.

Il primo singolo fu “Our Frank” e aveva come b-side “Journalists Who Lie” che rappresenta l’ultima canzone scritta da Stephen Street per Morrissey prima della loro rottura, in realtà  era solo una demo che verrà  riarrangiata e modificata, doveva fare parte dell’album ma poi venne scartata all’ultimo momento dallo stesso Moz.

Il secondo singolo fu invece “Sing Your Life”, brano abbastanza debole, che aveva come b-side la cover di “That’s Entertainment” scritta da Paul Weller e contenuta nell’album “Sound Affects” dei The Jam del 1980. Morrissey è un grande estimatore di Paul Weller, tanto da aver più volte espresso il desiderio di realizzare un duetto con lui, ad oggi ancora nulla, speriamo ovviamente in futuro, ma, potendo scegliere, io preferirei che Paul Weller gli scrivesse un album intero.

Comunque Morrissey nella sua versione di “That’s Entertainment”, addolcisce l’originale e la trasforma in una ballata, non ne sarà  poi soddisfatto e la cambierà  nell’interpretazione live, scegliendo una versione più punk, personalmente l’ho sempre considerata un’ottima cover.

Morrissey nella sua autobiografia non ha avuto parole tenere per l’album dichiarando “..Registrare qualcosa per il gusto di registrare ha consegnato “Kill Uncle” al mondo…” e che fu   la delusione per l’album che lo spingerà  a partire subito per un lungo tour americano, decisione giusta visto che questa scelta lo renderà  definitivamente consapevole del suo grande seguito e del suo percorso di “divinizzazione artistica“.

Un altro aspetto fondamentale del tour intrapreso è che Morrissey finalmente si troverà  in giro con una vera band da tour in grado di dare nuova vitalità  a “Kill Uncle”, rielaborando anche musicalmente i brani   grazie alla formazione rockabilly   di alcuni di loro: la live band era composta da Boz Boorer, Spencer Cobrin, Gary Day e Alain Whyte, direi gran parte della storia futura del nostro caro buon Moz.

Data di pubblicazione: 4 marzo 1991
Lunghezza: 33:02
Tracce: 10
Etichetta: HMV, EMI
Produttore: Clive Langer, Alan Winstanley

Tracklist:
1. Our Frank
2. Asian Rut
3. Sing Your Life
4. Mute Witness
5. King Leer
6. Found Found Found
7. Driving Your Girlfriend Home
8. The Harsh Truth of the Camera Eye
9. (I’m) The End of the Family Line
10. There’s a Place in Hell for Me and My Friends