Compie trentacinque anni un album che ha segnato un’intera generazione. So che probabilmente, nel leggere la prima frase di questo articolo, a qualcuno sarà  corso un brivido di orrore lungo la schiena. Beh, fatevene una ragione: “The Final Countdown” ““ parlo dell’intero album, non solo del celeberrimo singolo ““ ha scalfito i cuori di milioni e milioni di ascoltatori. Io personalmente ho colto la vera grandezza del disco in questione quando, nell’ormai lontano novembre 2016, sono andato a vedere dal vivo gli Europe all’Atlantico di Roma.

L’occasione è ghiotta: celebrare il trentennale dell’amatissimo classico. Un assembramento mostruoso di attempati cultori dell’hair metal e giovani curiosi per assistere all’esecuzione integrale del terzo lavoro della band svedese. La prima parte del live, dedicata ai brani di “War Of Kings” (all’epoca ultima fatica in studio), raccoglie l’attenzione di pochi fanatici. Sul palco Joey Tempest e John Norum ci mettono l’anima, cercando di fare una bella impressione mentre si sforzano a fare il verso ““ in maniera più che discreta, oserei dire ““ agli idoli della loro gioventù: i Deep Purple. Ma il pubblico non ne vuole sapere dell’hard rock: chiede a gran voce quel piccolo gioiello di pop “metallico” che porta il titolo di “The Final Countdown”.

Finalmente, verso le dieci e un quarto, si odono le note sintetiche dell’immortale riff di tastiera che tutti noi conosciamo a memoria. Il palazzetto esplode di gioia: inizia un’orgia di nostalgia che, attraverso la riproposizione di spezzoni di videoclip, immagini di repertorio e sequenze d’archivio, coinvolge anche chi, nel 1986, neanche era ancora venuto al mondo.

Grazie all’energia degli indomabili Europe, l’Atlantico si trasforma improvvisamente in un’enorme macchina del tempo. Gli spettatori in estasi, travolti dalla potenza chitarristica di “Rock The Night”, “Heart Of Stone” e “Cherokee”, si riscoprono adolescenti; la chioma dell’ultracinquantenne Joey Tempest sembra nuovamente farsi fluente e biondissima, rinvigorita dalle levigate sonorità  AOR di “Time Has Come” e “Love Chaser”. E quante lacrime per la splendida “Carrie”, melensissima ballatona da accendino!

Mentre il gruppo interpreta il suo brano più soft, sul megaschermo dietro le spalle del batterista Ian Haugland scorrono le fotografie d’epoca di decine e decine di fan incalliti, tutti nelle loro camerette tappezzate di poster degli Europe. Una cafonata autocelebrativa? O più semplicemente una banalità  da vecchie glorie? Non saprei dirlo con certezza, ma è in quel preciso istante che l’emozione si aggrappa silenziosamente al mio cuore.

Negli occhi di quei ragazzi vedo la luce di chi, grazie a “The Final Countdown”, ha visto il suo interesse per la musica trasformarsi in una vera e propria passione, quando non addirittura in una ragione di vita. Ecco allora dove si cela la grandiosità  del disco: ogni opera o artista in grado di conquistare un giovinetto imberbe e aprire un percorso di scoperta verso quel meraviglioso universo che è il rock merita immenso rispetto. Il pensiero che oggi questo ruolo lo possano ricoprire i Mà¥neskin e la loro “Zitti e buoni” un po’ mi intristisce; ma forse è solo un mio problema, visto che ormai sono un vecchio brontolone rincoglionito e depresso che si commuove ascoltando gli Europe.

Data di pubblicazione:  26 maggio 1986
Tracce: 10
Lunghezza: 39:49
Etichetta: Epic
Produttore: Kevin Elson

Tracklist:
1. The Final Countdown
2. Rock The Night
3. Carrie
4. Danger On the Track
5. Ninja
6. Cherokee
7. Time Has Come
8. Heart Of Stone
9. On The Loose
10. Love Chaser