Nella cultura pop, la figura della cheerleader è diventata musa ispiratrice e protagonista delle pellicole più iconiche degli anni Duemila: basti pensare a “Ragazze Nel Pallone”, la serie TV “Glee”, o il controverso “Jennifer’s Body”. Per chi non conoscesse quest’ultimo, vi rinfreschiamo subito la memoria: in poche parole, una Megan Fox mozzafiato interpreta una cheerleader demoniaca che passa il suo tempo (un po’ per vendetta, un po’ per necessità ) seducendo, assassinando e poi cibandosi delle sue vittime. Una storia  un po’ portata all’estremo, che però ha fatto guadagnare un ruolo non irrilevante alla rappresentazione della femme fatale (e delle cheerleader soprattutto)  nei media che conosciamo oggi. L’album di cui vi stiamo per parlare parte proprio da qui.

Il progetto Pom Pom Squad parte da un’idea di Mia Berrin, che poi coinvolgerà  nel suo percorso musicale altre tre persone:  ad accompagnare la voce della Berrin troviamo quindi Mari Alè Figeman al basso, Shelby Keller alla batteria, e Alex Mercuri alla chitarra. Dopo un’adolescenza segnata da episodi di razzismo e bullismo nei suoi confronti, Mia prende la sua rabbia, la unisce alla frustrazione di vivere in un sistema assurdo ed è così che dà  vita alla sua carriera musicale, che in “Death of a Cheerleader” trova la sua ufficiale realizzazione grunge. La musica dei Pom Pom Squad nasce quindi in una cameretta grazie a un’immensa voglia di rivalsa, come unica valvola di sfogo per una ragazza che ha capito fin troppo presto quanto possa essere illusorio e marcio il mondo intorno a lei.

Con “Death of a Cheerleader” Mia Berrin tenta di canalizzare la rabbia tenuta nascosta per anni, e lo si può sentire eccome: il grunge fa da padrone, in “Drunk Voicemail” più che in qualsiasi altro pezzo del disco. Altri brani ammiccano ai Pale Waves e ad Avril Lavigne, come “Cake”, “Shame Reactions” o “Red With Love” ““ che probabilmente diventerà  la vostra traccia preferita del disco, se avrete amato “Who Am I?” dei Pale Waves.  Non mancano toni decisamente più soft, quasi sognanti,  come a suggerire che la realtà  a volte è solo un brutto incubo dal quale possiamo risvegliarci non appena lo desideriamo; non è un caso che la traccia più Lo-Fi/Dreamy Pop dell’album, “Soundcheck” (ripresa poi in “Be Good”), è posta proprio all’inizio  di  “Death of a Cheerleader”. Parte con delicatezza, con un inizio vagamente simile a quello di “Dreamland” dei Glass Animals; a mano a mano che l’intro prosegue, però, riusciamo a distinguere un rumore di disturbo, che da essere una semplice interferenza pone una fine al brano, lasciando quindi già  intuire quale sarà  il mood dell’intero disco.

è facile immaginare come dietro i pezzi ci sia una scrittura istintiva e spontanea, mediata da uno studio attento ““ nato probabilmente da un incidente un po’ avvilente accaduto mentre la Berrin frequentava la NYU (New York University). Non ci interessa sapere cosa sia successo nei dettagli, quanto più sapere che è stato un avvenimento che ha portato l’artista a scoprire, studiare e capire meglio le proprie potenzialità , in modo da sfruttarle per bene. Mia  abbraccia così la cultura pop, prende ispirazione dallo stile di Courtney Love, scopre il fascino delle cheerleader e ne fa la propria fonte di ispirazione ““ dà  finalmente voce alla sua personalità , se vogliamo farla breve.

Parte di questo processo evolutivo lo si riusciva già  a intravedere con “Ow”, primo album del progetto Pom Pom Squad. Mancava però qualcosa dato che, a confronto di “Death of a Cheerleader”, “Ow” sembra quasi un semplice disco Lo-Fi registrato nella propria cameretta per passare il tempo. Il secondo album invece esprime la continua voglia di trasformarsi della band (pur rimanendo fedele a sè stessa). Certo, il progetto di questi ragazzi è comunque in continuo divenire, in un processo parallelo a quello che Mia Berrin sta compiendo per conoscere meglio se stessa; “Death of a Cheerleader” ci rende però già  curiosi di come potrebbero essere i prossimi lavori della band, se rimarranno sul grunge o si sposteranno più sul punk. Nel mentre, una cosa è certa: dopo questo disco, lo spirito di rivalsa dell’adolescente Berrin può ritenersi soddisfatto. Se così non fosse, correte ai ripari: sta per uscire ovunque “Mia’s Body”.