“The National”, l’album omonimo ed esordio ufficiale della band newyorkese, ma “di provincia”, The National, venne pubblicato circa un mese dopo l’11 settembre 2001.
Il disco però, come è ovvio, è stato scritto tutto prima dell’attentato alle Torri Gemelle e non riflette l’atmosfera post ground zero che si venne a creare all’epoca e che segnò la fine e l’inizio di due ere politiche e sociali differenti.

Matt Berninger, Aaron Dessner, i fratelli Bryan Devendorf e Scott Devendorf.
I quattro ragazzi dai cognomi centro-europei arrivano da Cincinnati e si trasferiscono insieme a New York per motivi di lavoro (Matt Berninger) oppure per studio.
I quattro ragazzi di provincia nella grande mela, nella città  che non dorme mai, cominciano a incontrarsi sempre più spesso la sera, dopo i rispettivi impegni diurni e nei weekend, e liberano la loro creatività  e la loro idea di musica scrivendo, provando, fallendo, sognando, ridendo, vivendo il momento.
Ecco, l’esordio “The National” è il raccoglitore di tutte le canzoni concepite in questo periodo, è il tesoro racimolato dai quattro ragazzi provinciali trasferitisi a New York a cavallo del millennio.
Lo scrigno di “The National” contiene la linfa vitale della band di Berninger e soci, il primo atomo da cui tutto è esploso e ha preso vita.
Matt canta e soprattutto concepisce le sue liriche come un piccolo Nick Cave e le chitarre di Aaron Dessner e Scott Devendorf hanno il sapore degli Smashing Pumpkins e dei Pixies. Peccato per le ritmiche un po’ scariche e noiose di Bryan Devendorf che appiattiscono e tolgono slancio ai brani. Troviamo poi nella composizione e nell’attitudine qua e là  frammenti   di Wilco e perfino qualche sentore di Philip Glass.
L’indie rock dell’esordio dei The National è un’interessante variante del rock alternativo di fine anni ’90, un’ottima evoluzione che vuole comunicare molto anche con le parole, con la bella scrittura, cruda e descrittiva, tipica della letteratura americana.
L’introversione dei The National si racconta e accende un fuoco in molti cuori grazie a brani come l’opening “Beautiful Head”, e le eccellenti “Cold Girl Fever” e “American Mary”.

I The National sono poi artisticamente maturati negli anni a seguire, impegnandosi e dedicandosi sempre alla ricerca della “The Perfect Song”. Canzone perfetta che forse hanno trovato più avanti in dischi come “Alligator” o “Boxer”. Secondo alcuni la perfect song è stata trovata nel più recente “Sleep Well Beast”, per altri ancora non è stata mai catturata.

Personalmente penso che la canzone perfetta, the perfect song, non esista, ma al tempo stesso ne esistano diverse!
Cercare di comporre una canzone perfetta significa inseguire una chimera, è frustrante, è un’utopia, una ricerca impossibile e paradossale.
Ma nonostante tutto”…

Non dovrebbe essere forse questo lo scopo di ogni rock band?

Data di pubblicazione. 30 ottobre 2001
Durata: 43:51
Tracce: 12
Genere: Indie Rock newyorkese

Tracklist:
1. Beautiful Head
2. Cold Girl Fever
3. The Perfect Song
4. American Mary
5. Son
6. Pay For Me
7. Bitters & Absolut
8. John’s Star
9. Watching You Well
10. Theory Of The Crows
11. 29 Years
12. Anna Freud