Ogni deserto che si rispetti non può non avere la sua oasi di riferimento e il nostro febbraio che doveva essere ricco, ricchissimo di eventi, si è trasformato in una distesa di sabbia tra annullamenti, rimandi, ri programmazioni e via dicendo, dato che come ben sapete, le regole per la musica dal vivo, al momento, non sono ancora nè chiare, nè permissive. La nostra mecca sono i Pineapple Thief, che andando oltre ogni restrizione sulle capienze, si sono presentati regolarmente al via del loro tour europeo, puntualissimi quanto la prima data, proprio quella di questa sera al Live di Trezzo sull’Adda.

Gruppo di nicchia o meno, attivi da più di due decadi, hanno pubblicato nel 2020 l’ultima fatica in studio “Versions Of The Truth” licenziato sempre via Kscope, etichetta principe del nuovo prog moderno.

Dal 2016 si è unito al combo capitanato da Bruce Soord anche Gavin Harrison, storico batterista, già  con King Crimson e soprattutto Porcupine Tree, quanto turnista di fama internazionale, a conti fatti, la vera star della serata, data la probabile presenza massiccia di musicisti proprio qui per lui.

Poi in realtà  i Pineapple hanno fatto un po’ di tutto in una discografia sterminata, accomunabili, in qualche modo, ad un’estetica sonora appunto vicina al prog o ai suoni più hard, in realtà  sono esattamente un crossover di generi, mescolando wave, pop, lo stesso brit pop e appunto suoni più marcati. Quindi nella setlist di stasera, che necessariamente è un bignami degli ultimi tempi, si trovano ballate rotonde, delicate quanto melodiche, una su tutte la bellissima “Driving like maniacs” (ascoltata dal sottoscritto decine di volte, e consigliata a chi apprezza la scrittura di qualità ) a brani lunghissimi e dilatati con dentro di tutto, un esempio, la canzone che ha aperto i bis di questo primo concerto italiano, “Part Zero”, oltre sette minuti di suite.

Loro emozionati e contenti di questa ripartenza. Inutile ribadire quanto il settore della musica sia stato depredato e maltrattato, quanto dimenticato dai governi: la cultura, a differenza di altre attività , è stata abbandonata e con lei, non solo uno dei migliori modi di socialità  e condivisone, di crescita e di svago, ma anche i tantissimi lavoratori che dietro le quinte portano avanti gli spettacoli con passione e professionalità . Discorsi più volte ripresi, ma ahimè sempre attuali.

Tornando al concerto in sè, la scaletta va a riprendere, in gran parte, i brani, che già  erano presenti in quella del tour autunnale prima di questa ennesima pausa.

La bellissima “Demons” dall’ultimo album, l’introspettiva e crepuscolare “The Shore”, un altro ottimo esempio di come si scrive una ballata, che profuma di new wave e malinconia, c’è spazio anche per il nuovo singolo pubblicato oggi “Give It Back”, la title track di un nuovo lavoro che comprende una dozzina di brani dal repertorio, ri-arrangiati e ri-suonati con la nuova formazione e, come detto sopra, con la fondamentale presenza di Harrison dietro le pelli e il suo inconfondibile marchio di fabbrica, la loro evergreen “In Excile”, come da copione, per seconda, o la radioheadiana “Wrethched Soul” che chiude la prima parte del live.

Alla fine Pineapple Thief partono a costruire le loro canzoni, da una scrittura altissima, di assoluta qualità , limpida, accomunabile alla tradizione britannica, quelle melodie calde e tipiche del pop d’oltremanica, quindi vestono il repertorio spingendosi ben oltre la stessa scrittura, assocerei tranquillamente questo songwritng ad un sound più classico quello che, per capirci, parte dai Beatles e arriva fino ai Blur, questa cosa, altresì, di mescolare due mondi apparentemente molto distanti tra loro, li rende, a loro modo, unici.

Sedici canzoni in totale, un’ora e mezza di musica e la sensazione di essere tornati alla normalità  a due anni esatti dal primo lockdown, il colpo d’occhio, sebbene parliamo, credo, di una capienza al 50%, c’è e si percepisce, speriamo sia un bel segnale e l’inizio, finalmente, della nuova stagione.