Tutti hanno sentito parlare del rock progressivo, genere che negli anni ’70 provenne dall’Inghilterra e dominò le classifiche con band come i Pink Floyd, gli Emerson, Lake & Palmer, gli Yes. Ma è un genere, o piuttosto un’attitudine, come diceva il leader della band che, di fatto, fondò il genere nel 1969, Robert Fripp dei King Crimson? In otto capitoli, proviamo a fare una storia di come questa volontà  di fare musica rock “che duri” nel tempo, “progressiva”, nel senso di una volontà  di non sedersi mai sugli allori del successo e continuare a sperimentare, sia proseguita ben aldilà  del periodo d’oro del Prog degli anni ’70. Fino ai giorni nostri, arrivando al “Brixton Sound” e passando dall’Art-rock, il Post-punk, il Post-rock, il Progressive-metal.

6. Brian Eno e Peter Gabriel: dall’Art Rock al Post-prog

Nei primi anni ’70 era cresciuto  un movimento parallelo al  progressive: l’Art-rock di cui i Roxy Music furono pionieri in Europa. Negli ’80, le due correnti si incontrano e vecchie glorie del prog come King Crimson e Peter Gabriel, e dell’Art-rock, come Brian Eno, sviluppano un nuovo stile, il “post-prog”. La New Wave, termine generico che ricomprende diversi stili, dominerà  il decennio e, da un suo filone, fiorirà  alla fine il post-rock. Intanto, il “neo-prog” dei Marillion vive un breve successo, riportando in auge le sonorità  di 10 anni prima.

Il produttore di “Remain in Light” (vedi la quinta puntata) era l’inglese Brian Eno che già  aveva accompagnato i Talking Heads nei due precedenti album. Eno aveva cominciato la sua carriera di musicista con i Roxy Music, che esordirono nel 1972 con un eponimo album che viene oggi considerata alla base dell’Art-rock britannico. Formata principalmente da giovani provenienti da facoltà  di arte (come i Genesis e tanti altri musicisti inglesi di quegli anni), il gruppo si contraddistingueva per l’eclettismo musicale e per l’attenzione all’apparenza estetica, persino delle copertine degli album e quindi alla commistione tra musica e immagine. Nello stesso periodo, David Bowie, che sarebbe divenuto il più celebre interprete dell’Art-rock, portava questo concetto fino all’estremo del travestimento, creandosi un alter-ego androgino (Ziggy Stardust) e sconfinando nel Glam-rock.
L’Art-rock era emerso negli anni “’60, negli Stati Uniti, con i Velvet Underground, almeno a livello culturale, essendo in questo caso mancato un significativo riscontro commerciale. L’ambizione di Andy Warhol, primo produttore della band, era quella, appunto, di elevare il rock a forma d’arte, con un prodotto che non fosse puro intrattenimento musicale ma che portava un messaggio artistico multimediale, più articolato e profondo. Musicalmente, i Roxy e l’Art-rock britannico, pur subendo l’influenza decisiva di “Velvet Underground and Nico”, il famoso “album della banana”, si spinsero ancora più in la’ di quello statunitense. La loro musica si giovava di una vasta gamma di ascolti da parte dei suoi membri e mutuava elementi dalla musica classica, da quella latina, dal jazz, dall’elettronica. Rispetto al Prog di quell’epoca mancavano i virtuosismi tecnici individuali e le lunghe suite, cui venivano preferiti innesti strumentali creativi, all’interno di composizioni talora caotiche piene com’erano di suoni e texture musicali variegate. Ma le ambizioni erano le stesse.
Quelle enunciate anche da Jon Anderson degli Yes (vedi la seconda puntata): “vogliamo fare arte”. E da Robert Fripp  dei  King Crimson: “vogliamo realizzare qualcosa che duri”. Tradizionalmente però, i critici mantenevano “Art” e “Prog” rock come due movimenti distinti. In questa visione, il secondo sarebbe più o meno scomparso dopo gli anni “’70 e il primo si sarebbe invece evoluto verso la New Wave. Oggi, questa distinzione non ha retto alla prova del tempo. Basta andare su Wikipedia e vedere che i Roxy Music vengono ora classificati sia “Art” che “Prog”, al pari di King Crimson, Yes e ELP. D’altronde, non fu un incidente della storia che il cantante dei Roxy, Brian Ferry, abbia fatto un provino con i King Crimson, dopo la dipartita di Greg Lake nel 1970. Seppur non venne ritenuto adatto alla band, il suo nome fu evidentemente annotato. E quando formò i Roxy, fu la stessa etichetta del re cremisi, la EG, a fornir loro un contratto e un produttore: Peter Sinfield, membro degli stessi Crimson. I Roxy e l’Art rock anticiparono molte delle cose che sarebbero avvenute nei 10 anni successivi. La prima formazione dei Sex Pistols si chiamerà  “The Strand”, in omaggio ad una canzone del secondo album della band di Ferry e Eno.

Brian Eno durò lo spazio di due dischi con i Roxy, nei quali suonava i sintetizzatori, portando nel gruppo la sua fascinazione (che non abbandonerà  mai) per la musica elettronica. Oltre ad una appariscente presenza scenica che creava gelosie con Bryan Ferry e che furono alla base del suo abbandono. Nel resto degli anni “’70, Eno avrebbe pubblicato 4 album solisti in cui sviluppava il discorso Art Rock, con l’aiuto di musicisti “prog” come Phil Collins, John Wetton e Robert Fripp e, al contempo, iniziava a sviluppare l'”Ambient Music”. Questo era un nuovo genere da lui battezzato, e inaugurato con un album del 1973 a quattro mani con lo stesso  Fripp: “No Pussyfooting”. Il profeta del Prog, Fripp e quello dell’Art Rock, Eno, rimescolano le carte e ignorano il rock per produrre album di musica d’ambiente, uno stile completamente nuovo. Non avrebbero potuto fare una dichiarazione d’intenti “progressiva” più radicale di così.
Nel 1976, Brian Eno fondò gli 801 con il chitarrista dei Roxy, Phil Manzanera. Questa formazione durò lo spazio di tre concerti, immortalati in un essenziale disco live, peraltro pioneristico nelle tecniche di registrazione. Un’altra band a cavallo tra Art e Prog, che eseguiva cover dei Beatles (non a caso “Tomorrow Never Knows”, primordiale esempio di musica elettronica e “progressiva”) e dei Kinks e composizioni di Manzanera e Eno.

Dopo il 1977, Eno concentrerà  la sua produzione solista sull’Ambient music, ma rimarrà  nel mondo del rock come collaboratore e produttore estremamente influente. Tra il 1977 e il 1979, partecipa alla “trilogia berlinese” (“Low”, “Heroes” e “Lodger”) di David Bowie, suonando tastiere e sintetizzatori e fornendo importanti input creativi. Contemporaneamente, Eno inizia una prolifica carriera di produttore che, nel corso dei decenni e fino ad oggi, oltre ai Talking Heads (vedi la quinta puntata), lo ha portato a lavorare con artisti come Ultravox, U2, Coldplay, James, per citare solo quelli di maggior successo, attraversando tutti i principali sottogeneri del rock degli ultimi quaranta anni.
Eno, in tutta la carriera, è stato un alfiere instancabile del progresso musicale, della contaminazione stilistica, della ricerca e della sperimentazione. A posteriori, alcuni studiosi lo hanno identificato come il padre del post-progressive. Va tenuto presente che, dopo la propaganda negativa dei tempi del punk, il termine Prog aveva ormai uno stigma che nessun artista, negli anni “’80, si sarebbe spontaneamente accollato. Solo diversi lustri più tardi qualcuno (tra cui il batterista Bill Bruford nella sua autobiografia del 2009) troverà  il coraggio di parlare di post-prog, per riferirsi a uno stile nuovo sorto alla fine dei “’70: un rock progressivo che rimischia il Prog classico con la musica elettronica, con la dance, con il Punk, con la World music, il minimalismo, il Krautrock, l’Art-rock, l’Heavy Metal, il Free Jazz e qualunque altra cosa che potesse andare bene per uno specifico progetto musicale. Nel 1981, il Post-prog avrebbe trovato un punto di riferimento nei nuovi King Crimson di “Discipline” e dei due successivi dischi, tra l’altro co-prodotti da Rhett Davies che già  aveva lavorato sugli album “rock” di Brian Eno.
Il Post-progressive va tenuto ben distinto dal Neo-progressive, un movimento nato nei primi anni “’80, nel Regno Unito. Band come i Marilion, IQ, Pendragon ottennero in alcuni casi un inatteso e importante successo. Ma la loro musica non era poi così “progressiva”, essendo una continuazione dello stile del Prog classico, con una influenza particolarmente evidente dei Genesis del primo periodo (vedi la terza puntata). Insomma, un movimento revivalistico che conobbe un picco nel 1985 con l’album “Misplaced Childhood” dei Marillion al numero 1 nel Regno Unito, per poi perdere rilevanza commerciale negli anni a venire. Finchè durò, il fenomeno fece felice qualche nostalgico del Prog classico che sperava in un ritorno in voga del genere. Ma, a meno di volere una mera ripetizione dei vecchi stilemi, non era al Neo-prog che i fan del genere avrebbero dovuto guardare per il futuro della musica progressiva.

Nel 1977, Peter Gabriel, già  cantante dei  Genesis, pubblicò il primo dei suoi album solisti (c.d. “Car”). Nel corso di cinque dischi in nove anni, egli sviluppò un discorso musicale innovativo rispetto al Prog classico della sua band di origine. Robert Fripp lo affiancò alla chitarra nei primi tre e s’incaricò della produzione del secondo (c.d. “Scratch”). Gabriel si andò allontanando gradualmente dal lavoro fatto con i  Genesis  (ancora udibile sui primi due dischi), contaminandolo con l’Art rock e inserendo l’influenza del Punk e molta World music. In definitiva, Gabriel  è stato uno dei principali artisti del “Post-prog”. Il terzo disco (c.d. “Melt” del 1980) lo portò al numero 1 nel Regno Unito, smentendo i dirigenti della Atlantic che non volevano pubblicarlo, temendone la scarsa commerciabilità . “Melt” viene oggi considerato dalla critica l’apice del suo percorso creativo, che lo portò a stabilirsi come “uno dei più ambiziosi e innovativi musicisti rock” (cit. AllMusic). Con il quarto (c.d. “Security”) e il quinto disco (“So”), Gabriel terminò di sviluppare completamente il suo discorso innovativo, arrivando ad una forma originale di Pop “progressivo” con influenze e ritmi etnici, che lo consacrò al successo mainstream con numerosi dischi di platino. Mentre in questo i dischi dei  Genesis degli stessi anni  non furono da meno, dal punto di vista invece meramente artistico, il coevo lavoro solista del loro ex cantante acquista un’importanza superiore, visto a distanza di tempo.

Gabriel viene anche ascritto alla New Wave che in quegli anni “’80 avrebbe dominato le classifiche. Questa affermazione commerciale fu legata all’avvento di MTV e dei video musicali come nuovo mezzo di diffusione della musica di cui beneficiarono in particolare i gruppi New Romantic che avevano preso dall’Art Rock l’attenzione all’estetica. Infatti, con New Wave si intende un vasto spettro di band, alcune provenienti dal Punk (Police, Blondie, Talking Heads), altre appunto dall’Art rock (Japan, Duran Duran, XTC). Alcune di queste band sicuramente rientrano nel Post-prog, a cominciare dai già  citati Talking Heads. O i Japan, il cui cantante, David Sylvian, dopo lo scioglimento della band nel 1982, iniziò una carriera solista che lo portò a collaborare con il solito Robert Fripp. E i Talk Talk, interessante esempio di band d’influenza iniziale Art-rock, che dopo aver frequentato le Top Ten con un paio di album, decise di darsi alla sperimentazione e viene oggi accreditata come pioniera del “Post-rock”: un genere che va oltre il rock, introducendo l’elettronica e influenze da fonti come l’Ambient music, il Jazz, il Dub, il minimalismo. Con queste premesse, non generano sorpresa le dichiarazioni di Paul Webb, bassista dei Talk Talk, sulla profonda influenza che “In the Court of the Crimson King” (vedi la prima puntata) aveva avuto sulla band.