Ah, Evan., adorabile, Evan. Anche stasera hai fatto palpitare i nostri cuori, poco da fare. In un Covo sicuramente ricco di pubblico, la prima tappa italiana del tour celebrativo di “It’s a Shame About Ray” merita anche il nostro applauso e il giudizio non può che essere positivo, proprio alla luce del fatto che Evan Dando, nel live in cui celebra il disco più importante della sua carriera, non smette di essere sè stesso, con le mille luci e le ombre che sempre lo hanno contraddistinto.

Dal punto di vista musicale possiamo tranquillamente dire che il power-pop ha riempito in modo fragoroso le nostre orecchie, rendondele belle fischianti nel momento di andare a letto. Eccolo li Evan, senza barba, con il classico look, accompagnato da due eroi che gli tengono magistralmente corda, che lo scrutano, pronti a seguire le sue bizze e i suoi cambi di umore o le sue dimenticanze. Il batterista è un personaggio, veramente.

Dando si presenta sul palco con un telefono, sta facendo una chiamata. La cosa poi si ripeterà  anche in mezzo al live, mettendo in viva voce l’interlocutore. Il Nostro è catalizzatore di sguardi e stasera dimostra che se è in serata è letteralmente inarrestabile. Poco importa se, a volte, la voce parte un po’ per la tangente o se la tecnica o la precisione sembrano volutamente difettare, chissenefrega se la chitarra è scordata (e viene accordata durante la canzone stessa), o se il cavo è staccato o se i suoni a tratti vanno e vengono, o se la chitarra acustica non rende al 100%, lui è li pronto a snocciolare brani e cover, come in trance agonistica, schicciando i suoi pedali per sporcare tutto a dovere, spingendo i presenti a cantare, ballare, pogare (ovviamente “Mrs. Robinson” è il picco dell’eccitazione) ma sopratutto farsi un viaggio tra i ricordi e gli anni ’90.

Evan ammicca, sorride, fa suonare la chitarra al pubbico, si mette in posa per le foto, alza gli occhi come in cerca di ispirazione ma poi li abbassa cercando l’interazione visiva con la prima fila, ma sopratutto sembra divertirsi e avere proprio voglia di stare sul palco. Probabilmente se non fosse salito on stage fin troppo tardi, avrebbe anche suonato un po’ di più (alla fine lo show termina alle 00.30), non a caso, andandosene, inizia a suonare un brano acustico tra la gente, fermandosi proprio in mezzo alla sala per finirlo: cosa vuoi dire di fronte a una simile delizia?

In apertura impossibile non citare i canadesi Basement Revolver, spesso nominati anche sulle pagine di IFB, che non smentiscono quanto di buono abbiamo scritto su di loro. La band fa esplodere il suo sonico shoegaze, a tratti realmente heavy ed energico, equilibrando con frangenti decisamente più malleabili, in cui emergono melodie guitar-pop di pregevolissima fattura. La fragilità  e la vulnerabilità  espressa dalla voce e dai testi di Chrisy Hurn-Morrison si incastra alla perfezione nelle distorsioni Jonathan Malström, capace di creare un muro sonoro decisamente imponente. Mezz’ora che ci ha fatto venir voglia di poter ammirare un loro live completo al più presto.

Morale della favola, altra gran bella serata targata Covo Club.