Oggi voglio regalarvi una bella iniezione di vecchiaia: “Let Go”, l’album di debutto di Avril Lavigne, ha appena compiuto vent’anni. La diciassettenne a braccia conserte e con lo sguardo imbronciato che vedete ritratta sulla copertina di questo fortunatissimo best seller ““ sedici milioni di copie vendute in tutto il mondo ““ viaggia ormai verso gli anta. Sembra incredibile anche solo pensarci. Eppure è così, e bisogna farsene una ragione.

Ma perchè risulta così difficile crederci? è presto detto: qualsiasi aspetto del disco in questione ““ dal look dell’artista canadese, passando ancora per lo stile della musica e i temi dei testi ““ trasuda un senso di giovinezza che, col trascorrere del tempo e l’emergere di nuove e più moderne tendenze, si è irrigidito a tal punto da trasformarsi in una sorta di gabbia per Avril Lavigne, da sempre prigioniera dell’immagine da eterna adolescente imposta dagli “architetti” del suo primo successo. Una triste realtà  resa ancor più palese dal fastidioso giovanilismo che stritola le poche buone idee contenute nel recente “Love Sux” ““ il lavoro che, almeno nelle intenzioni, avrebbe dovuto rilanciare una carriera in vistoso declino da un decennio abbondante.

“Let Go”, che pure resta un album piuttosto memorabile non solo per l’attitudine della protagonista, ma anche per la qualità  del songwriting suo e dei suoi più stretti collaboratori (in primis il trio di produttori noti come The Matrix), suona così tanto ancorato alla sua epoca di uscita perchè costruito a misura sui gusti e sui desideri dei ragazzini di inizio millennio. Una fotografia nitida ma cristallizzata di una remota era del pop rock.

Queste tredici canzoni, assemblate due decenni fa col chiaro obiettivo di offrire ai giovanissimi ascoltatori il massimo livello di “freschezza”, suonano ormai deliziosamente obsolete. A esser maligni (ma neanche troppo, in fin dei conti”…) oggi potremmo anche considerarle tanti piccoli guilty pleasure; minuscoli piaceri per le orecchie da tenere nascosti dentro un cassetto, pronti per un rapido recupero solo nel caso di un brutto attacco di nostalgia per gli anni d’oro di una MTV che, tra ospitate su TRL e videoclip a manetta, nell’estate del 2002 riuscì rapidamente a trasformare l’esordiente Avril Lavigne in una specie di supereroina apparentemente destinata alla gloria eterna.

Una ribelle “addomesticata” e coi piedi ben saldi nel terreno del mainstream, eclettica nel suo spaziare tra sonorità  e umori diversi. Nell’oretta scarsa di “Let Go”, infatti, troviamo di tutto e di più: lo stile agrodolce e malinconico delle power ballad di stampo morissettiano (indimenticabile “I’m With You”, che eclissa completamente “Tomorrow” e “Too Much To Ask”); il pop rock / pop punk più radiofonico, colorato e innocente, tanto energico quanto rassicurante (“Mobile”, “My World”, “Nobody’s Fool” e, naturalmente, le celeberrime “Complicated” e “Sk8er Boi”); i suoni leggermente più ruvidi di un post-grunge di certo poco minaccioso ma comunque ben confezionato, figlio delle tendenze del periodo ma mai banale.

In quest’ultimo gruppo rientrano quelle che, a mio modesto parere, sono a tutti gli effetti le uniche tre grandi canzoni mai pubblicate dalla cantautrice dell’Ontario, ovvero le intensissime “Losing Grip”, “Unwanted” e, in misura minore, l’amara “Naked”: belle promesse di una maturità  che, purtroppo, non è mai realmente esplosa. Le qualità  parzialmente espresse della talentuosa Avril Lavigne restano tutte racchiuse in un album di dignitosissimo pop rock che, per quanto non invecchiato benissimo, sa ancora farsi amare. Ma il tempo, impietosamente, continua ad avanzare: ci ricorderemo ancora di “Let Go” tra vent’anni?

Data di pubblicazione:  4 giugno 2002
Tracce: 13
Lunghezza: 48:37
Etichetta: Arista
Produttori: Curtis Frasca, Clif Magness, The Matrix, Peter Zizzo

Tracklist:
1. Losing Grip
2. Complicated
3. Sk8er Boi
4. I’m With You
5. Mobile
6. Unwanted
7. Tomorrow
8. Anything But Ordinary
9. Things I’ll Never Say
10. My World
11. Nobody’s Fool
12. Too Much To Ask
13. Naked