BOOM! Il fragore del secondo album degli Spielbergs arriva e investe il vostro Ricky, costretto a ad abbassare il volume in cuffia, pena il non riuscire a scrivere con oculatezza. Il guitar rock noise del terzetto di Oslo è un vento impetuoso pronto a spazzare via tutto. Ricco di una carica che giusto i Japandroids potrebbero infondere se si mettessero in mente di fare un disco power-pop con una ferocia quasi thrash metal, “Vestli” è il degno seguito di quel piccolo capolavoro che era stato “This is Not the End” e la cosa mi fa ovviamente piacere, perchè su questi ragazzi io ci scommettevo non poco.

Sta di fatto che non so cosa ci mettano nel latte, lì ad Oslo, ma a questo punto credo che (appena potrò!) farò un sopraluogo, giusto per capire da dove può arrivare tutta questa carica tambureggiante che non lascia scampo fin dall’iniziale “The New Year’s Resolution”. Un frullato nordico di anni ’90, midwest-emo che guarda al punk, brutalità  al limite del post-hardcore, una potenza che pare di vederli live su un palco invece stanno in uno studio e sembrano avere tutto sotto controllo, come se stare in mezzo a un tifone sonoro fosse per loro la cosa più normale di questo mondo. Noi in compenso veniamo sballotati a destra e sinistra, incapaci di resistere, cercando amici e familiari per aggrapparci e magari coinvolgerli in un pogo casalingo che rischierebbe, fortemente, di mettere a repentaglio la preziosa mobilia di mamma.

A tratti, complice anche quel magnifico lavoro alla batteria, mi fanno venire in mente dei Therapy? compleatmente deragliati e deraglianti (“There Is No Way Out”, ad esempio). Ben vengano momenti in cui respiare e curare le numerosi abrasioni, penso a “Goodbye” che si muove addirittura in zone post rock, con tanto di arrangiamenti d’archi solenni. Fuori giri? Ma nemmeno per sogno, sublimi pure qui.

Poi ecco che il frastuono e la ritmica ripartono implacabili, con una costruzione melodica come quella di “Get Lost” che apre uno squarcio pazzesco nel nostro cuoricino emo. “George McFly” è punkettona e assesta un pugno frastornante al nostro volto, ma così incazzato che ne vorremmo pure un’altro simile, perchè in questa sofferenza si gode di più. Finalone con il climax ascendente di “You Can Be Yourself with Me” che ci fa capire come mai gli Spielbergs citino i Trail Of Dead tra le influenze: partenza morbida e poi via, a prendere fiato e vigore, 8 minuti epocali.

Presentarsi agguerriti per l’autunno alle porte? Con gli Spielbergs si può!