Sono stati il caso musicale del 2008, con quel “Deathconsciousness” prodotto e stampato in proprio a tiratura iper-limitata, che dal sottosuolo del sottosuolo è riuscito ad appassionare parimenti migliaia di darkwavers e di appassionati di rock indipendente tout court.

Se dunque l’esordio-capolavoro degli Have A Nice Life (ossia Tim Barrett e Dan Macuga, fondatori tra l’altro dell’agguerrita e sinistra etichetta Enemies List) fu un doppio monolite, qui invece troviamo solo otto tracce, seppur mediamente di consistente durata.
L’approccio tra l’etereo e il torvo rimane sempre quello, così come il granuloso suono lo-fi, anche se viene meno l’aura esoterica in favore di una via più esistenzialista e, in definitiva, personale.
Inoltre incombe un senso di accresciuta solennità , come se osservassimo una salma sfregiata ma elegantemente pietrificata perdersi al largo di placide acque scure, ai confini tra una metropoli sfatta e una natura misteriosa e fatalmente inesorabile, tra suoni anelanti a un’onirica limpidezza celestiale e rugginose frastagliature industrial (“Guggenheim Wax Museum”, “Burial Society”), polverose litanie dall’afflato quasi ancestrale (“Music Will Untune The Sky”, “Emptiness Will Eat the Witch”) e caracollanti marce dai sussulti strozzati (“Cropsey”). Questa gelida spettralità  stagnante viene a tratti interrotta da immancabili cavalcate post-punk dalle ritmiche di ferro (“Defenestration Song”, già  presente in una versione leggermente diversa nella raccolta “Voids”, “Dan and Tim, Reunited By Fate” ““ un titolo che crediamo voglia essere volutamente, grottescamente scherzoso ““ e “Unholy Life”, la cui coda post-gaze è però, incredibile a dirsi, la cosa più luminosa mai partorita dal duo americano) che probabilmente in pochi al giorno d’oggi sanno rendere così credibili e cattive.

In “The Unnatural World” (meno spiazzante del suo predecessore, ma lo stesso solido e affascinante, e sicuramente meno dispersivo) la Storia si incrocia e si scontra con il corso naturale delle cose del mondo, al quale si vuole sostituire, scatenando una occulta Apocalisse nelle viscere più nascoste della realtà , il tutto scorto attraverso il prisma dell’anima del singolo alle prese con quello che è forse il peggiore dei mali “invisibili”, l’incomunicabilità .

No matter how hard I try, I’ll never reach the speed of life
No matter how much I write, you’ll never read a single line
Oh well
Who am I to point it out?
You are no one.