Nella storia della discografia inglese post 2010 si sono susseguite svariate realtà  musicali un po’ tutte affini tra di loro. L’onda del nuovo brit-rock (o pop in certi casi) vede accomunare le stesse linee melodiche, lo stesse genere di testi scritti che strizzano l’occhio a tematiche più o meno semplici, ma di grande impatto proprio perchè più vicine al pubblico. Insomma, chi arriva prima meglio alloggia: generalmente dopo uno scoppiettante debut album bisogna sempre tenere alta l’asticella per non scadere nel grande dimenticatoio della ripetizione.

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Nel 2015 è proprio il caso di “Young Chasers”, disco di debutto di una band di ragazzi inglesi che si fanno chiamare Circa Waves. Mandati subito in alto nelle classifiche, sui palchi dei più grandi festival di casa o internazionali, la band ha sfornato fino ad adesso ben cinque album il cui ultimo viene chiamato “Never Going Under”.

Già  nel precedente lavoro abbiamo visto dei testi più profondi, a trattare tematiche sicuramente più serie e meno scanzonate delle precedenti. Anche con quest’ultimo vediamo uno step ulteriore che, a detta del frontman Shudall, porta l’attenzione sulla situazione attuale fatta di cambiamenti climatici, tensioni tra nazioni, epidemie e quant’altro. Gli occhi del protagonista sono quelli del figlio dello stesso cantante e, in alcuni momenti, del padre che cerca in tutti i modi di proteggerlo da questo pianeta in ribellione ed in costante recessione. Quindi, proprio per questo, secondo la band il lavoro svolto per questo album è totalmente diverso e di conseguenza più maturo rispetto al passato.

Se analizziamo nello specifico l’andamento dei Circa Waves vediamo che più o meno tutti i loro prodotti si attestano nel punto medio, quello della canzone facile ed orecchiabile che piace a tutti. Non è un male questo, anzi: sono riusciti a mantenere lo stesso livello fino ad adesso, piacendo comunque a tutti e ottenendo approvazione generale. Quando proprio si mettono a fare quel passo in più non ci riescono, rimanendo al loro posto assegnato.

Tra le varie tracce, un po’ tutte uguali tra di loro e gli altri lavori, troviamo sempre i ritornelli facili ed ammiccanti: è un caso “Do You Wanna Talk”, canzone 100% indie, oppure “Hell On Earth” o ancora “Your Ghost”, la cui bellezza risiede nei piccoli riff di chitarra nel ritornello o nella base di batteria fatta di battute utilizzate e riutilizzate in questo mondo poco vasto (ritrovata poi in “Carry you home”). Soprattutto per quest’ultima, il testo è incentrato sul tema del cambiamento, ma comunque ancora ancorato al testo adolescenziale con “I hope your ghost will haunt me“. L’ammiccamento va anche alle altre band d’oltremanica simili nel genere, pensiamo a The Wombats nel loro periodo “Glitterbug” e subito ci ritroveremo back in 2015 ascoltando l’ultima traccia di questo album ovvero “Living in The Grey”.

In generale questo album non è brutto: è orecchiabile e piacevole soprattutto in quelle canzoni energiche e anche ballabili, perchè no. I Circa Waves hanno ritrovato un po’ di cazzimma, e a differenza degli anni passati questo ci fa molto piacere. Certo è che l’obiettivo non è quello di ritornare allo stesso punto, forse perso dopo un lavoro e poi ripreso per il rotto della cuffia, ma invece avanzare sempre di più uscendo dalla sfera di quelle band nate nello stesso periodo e tutte simili. Manca un’identità  strumentale, per fortuna quella riguardo ai testi la stanno piano piano acquistando.