E’ possibile trovare aggettivi per descrivere il suono unico di “Raw Power”? In un’intervista di qualche anno fa Jim Osterberg, più noto con il nome d’arte Iggy Pop, rispose a questa domanda semplicemente scaraventando a terra un bicchiere. Ma il rumore del vetro che si frantuma in mille pezzi non si avvicina neanche lontanamente alla violenza cruda e devastante del terzo album degli Stooges, pubblicato il 7 febbraio 1973 dalla Columbia Records.

Poco meno di due anni prima la band aveva interrotto le attività , sfiancata da flop commerciali, divergenze artistiche e ogni tipo possibile di abuso. A resuscitarli una manciata di mesi dopo ci pensò un già  famosissimo David Bowie che, in piena epoca d’oro del glam rock, convinse un Iggy Pop sull’orlo del precipizio a raggiungerlo a Londra per rimettersi in carreggiata e tentare la via della carriera solista. Ma il padrino del punk non sembrava ancora intenzionato a mettere una pietra sopra sul passato e decise di richiamare i vecchi compagni di avventura, non senza aver prima apportato alcuni cambiamenti significativi: il chitarrista Ron Asheton passò dalla chitarra al basso per sostituire il perennemente ubriaco Dave Alexander, mentre alla sei corde fu richiamato l’ex collaboratore James Williamson. Scott Asheton, fratello minore di Ron, riuscì a salvarsi dal “valzer di poltrone” e mantenere il suo posto come batterista.

Tony Defries, all’epoca manager sia di Pop che di Bowie, voleva fosse quest’ultimo a produrre il disco dei rinnovati Stooges, ripetendo così l’operazione da re Mida del rock che aveva portato tanta fortuna al Lou Reed di “Transformer” e ai Mott The Hoople di “All The Young Dudes”. Solo lui poteva riuscire ad “addomesticare” il quartetto, ammorbidendolo a sufficienza per convincere i titubanti dirigenti della Columbia a puntare sul loro successo. La speranza di Defries rimase tale, in quanto la band preferì lavorare a “Raw Power” in totale autonomia, infischiandosene delle indicazioni della casa discografica (che comunque venne accontentata con due simil-ballad per le radio, “Gimme Danger” e “I Need Somebody”). Dopo aver trascorso due mesi negli studi di registrazione londinesi della CBS, Iggy Pop andò a Los Angeles per portare il master a David Bowie e iniziare con lui il mixaggio dell’album. Il motivo per il quale “Raw Power” suona tanto selvaggio e caotico è racchiuso nelle parole del leggendario artista britannico, il cui ricordo della prima collaborazione con l’Iguana è riportato sulle pagine dell’imponente enciclopedia “bowiana” a cura di Nicholas Pegg

Portò un nastro a 24 piste. Aveva il gruppo su una traccia, la chitarra solista su un’altra e lui in una terza. Delle 24 tracce ne erano state utilizzate solo tre. Disse, Vedi che puoi fare con questo. Io risposi, Jim, qui non c’è niente da mixare. Perciò ci limitammo semplicemente ad alzare e abbassare il volume della voce.

L’inesperienza di Pop in cabina di regia segnò il destino degli otto brani di “Raw Power”, ennesimo insuccesso e definitiva pietra tombale per gli sfortunati Stooges, la cui prima fase di carriera si concluse con un tesissimo concerto al Michigan Palace di Detroit, negli Stati Uniti, il 9 febbraio 1974. Chi avrebbe mai detto che, solo pochissimi anni dopo, quelli che inizialmente molti critici avevano indicato come evidenti difetti di produzione sarebbero stati riconosciuti come gli scossoni iniziali del terremoto punk alle porte? Immergendosi in questo brodo primordiale fatto di chitarre sature e volumi folli, Iggy Pop riuscì a trovare l’ambiente ideale per dar sfogo al nichilismo e alla voglia di (auto)distruzione: “un cuore pieno di napalm”, come canta nel classico “Search and Destroy”, ancora alla ricerca di qualcuno in grado di “salvare la sua anima” tossica. Una richiesta di aiuto disperata e inutile, che si perde nel marasma sonoro ai limiti della cacofonia che segue la traccia apripista: nella finta quiete di “Gimme Danger” Pop sembra quasi Jim Morrison quando parla di sogni vuoti e brutti ricordi, mentre in “Your Pretty Face Is Going To Hell” urla come un ossesso per sovrastare il caos degli indemoniati compagni. “Penetration”, come evidente sin dal titolo, è un blues rock depravato carico di lascivia, così come la più lenta “I Need Somebody”. La title track “Raw Power” e la “boogieggiante” “Shake Appeal” sono due riletture in chiave in chiave Stooges del rock and roll degli albori, luride e folli al punto giusto; esattamente l’opposto del glam sfarzoso e glitterato tanto in voga all’epoca. “Death Trip” è un ossessivo e straniante garage rock che chiude il disco presentandoci per l’ultima volta una band pienamente consapevole del suo destino, con un biglietto di sola andata verso l’inferno.

Data di pubblicazione: 7 febbraio 1973
Tracce: 8
Lunghezza: 33:57
Etichetta: Columbia
Produttori: Iggy Pop, David Bowie

1. Search and Destroy
2. Gimme Danger
3. Your Pretty Face Is Going to Hell
4. Penetration
5. Raw Power
6. I Need Somebody
7. Shake Appeal
8. Death Trip