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E’ arrivato il tanto atteso annuncio della data italiana e milanese (già sold-out) di Susan Janet Dallion in arte Siouxsie – 7 maggio al  Teatro Arcimboldi – dopo ben quindici anni di assenza dai palchi nostrani. Ottima notizia e occasione imperdibile per dedicare a quella che è stata una vera dark e goth queen il giusto spazio ripercorrendone la variegata carriera in dieci brani (qui invece trovi la nostra Top 10 brani dedicata a Siouxsie And The Banshees).

Bonus Track. Fireworks
1982, da “Fireworks 12″”

Difficile resistere anche a “Fireworks” tutta costruita attorno alle chitarre, al basso, agli archi che entrano con prepotenza dando al pezzo un tono epico e sensuale. Archi veri come ci ha sempre ritenuto a ribadire Steve Severin, convinto sostenitore del fatto che alla band servisse in questo caso un suono molto caldo e fisico.

10. About To Happen
2007, da “Mantaray”

Primo e finora ultimo album solista, “Mantaray” la vedeva circondarsi di collaboratori come Norman Fisher Jones, Charlie Jones e Steve Evans solo per citare gli autori di questo brano. “About To Happen” metteva in luce la grinta e la passione di una Siouxsie dall’indole rock e graffiante ma ricca di sfumature.

9. Dancing On Glass
1983, da “The Feast”

Facciamo un salto nel 1983 per recuperare il ritmo tribale, minimalista di “Dancing On Glass” quarta traccia di “The Feast” primo album dei The Creatures, il duo che Siouxsie aveva formato insieme a Budgie. Vagamente ispirati al mondo del musical indiano, questi due minuti e sedici secondi rileggono con forte personalità passato e presente con un occhio al post punk e uno alle melodie.

8. The Rapture
1995, da “The Rapture”

La dolente suite che dava il titolo alla collaborazione tra i Siouxsie and The Banshees e John Cale. Undici minuti e mezzo di spettrale e animata orchestrazione che rappresentavano la voglia dei Banshees anni novanta di fuggire da se stessi cercando produttori esterni e nuove vie di fuga a una crisi che vista col senno di poi non era drammatica ma avrebbe portato al forse inevitabile scioglimento.

7. Peek-a-Boo
1988, da “Peepshow”

Uno dei brani più avveniristici mai usciti dalla penna di Siouxsie e soci. Art pop d’autore, con fiati giocherelloni e una melodia alterata, mai uguale a se stessa. Ha avuto una vita a sé “Peek-a-Boo”, un nascondino vivace e sbarazzino che lasciava intravedere le potenzialità dei Banshees di fine anni ottanta.

Golly jeepers, where?d you get those weepers?

6. Dazzle
1984, da “Hyæna.”

Robert Smith dei Cure entra momentaneamente in formazione e il tono dei Siouxsie and the Banshees diventa ancora più dark, epico e melodico. L’influenza di Smith era evidente soprattutto in brani come “Dazzle” dove batteria, archi, lo scarno pianoforte iniziale – detto Baby Piano – tiravano fuori il meglio dall’evocativa voce di Siouxsie

5. Slowdive
1982, da “A Kiss in the Dreamhouse”

“Slowdive” rappresenta al meglio “A Kiss in the Dreamhouse” e tutto il cosiddetto periodo psichedelico dei Banshees. Basso a sei corde, sintetizzatori, fisarmonica e armonica  danno al brano un tono martellante e sperimentale piuttosto lontano dal minimalismo che per lunghi anni aveva caratterizzato lo stile del gruppo ma tenacemente accattivante. 

4. Christine
1980, da “Kaleidoscope”

John McGeoch entra in formazione insieme al batterista e percussionista Budgie e il suono dei Banshees diventa dinamico e sfaccettato. “Christine” racconta la malattia mentale della protagonista con empatia e un sound che mette insieme chitarra acustica, sintetizzatori, il basso di Severin martellante quanto mai.

3. Playground Twist
1979, da “Join Hands”

L’inquietante parco giochi di “Join Hands” era la sintesi del rapporto solido che si era creato tra la chitarra di John McKay e la voce di Siouxsie, le sinistre campane che sembravano segnare la fine dell’infanzia preannunciando un futuro oscuro e sinistro ma molto, molto affascinante.

2. Switch
1978, da “The Scream”

Album molto influente “The Scream”, esordio dei Siouxsie and the Banshees. Amato da Robert Smith dei Cure, ha cambiato vite e carriere. Il basso e le tastiere di Steve Severin, la chitarra di John McKay affiancavano Siouxsie in un sabba lento e furioso, di cui “Switch” è solo un fulgido esempio. Il brano di McKay rappresenta appieno il mood di un disco capace di unire arte e successo commerciale senza scendere a compromessi.

1. Spellbound
1981, da “Juju”

Cavalcata irresistibile e magnetica “Spellbound” che adornava una pietra miliare come “Juju”. Una delle prove migliori dei Banshees del periodo John McGeoch, mette in mostra il suo modo non convenzionale di suonare la chitarra in un album deliziosamente dark e malizioso. Co – prodotto da Nigel Gray, è ancora oggi un capolavoro di stile gotico.