Il ritorno della band ravennate dei Doormen presenta novità rispetto al loro album del 2019 “Plastic Breakfast”, registrato in presa diretta, che aveva già mostrato la maturità del gruppo: un cambiamento da ricercare non solo nella variazione di formazione (lo storico batterista Andrea Allodoli ha lasciato il posto alla batterista delle Smalltown Tigers, Serena Castellucci) ma anche nel processo creativo che ha caratterizzato questo nuovo lavoro.

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“The Truth in a Dark Age” è un concept album che racconta la storia di un personaggio The Freak che la notte va a caccia per imprigionare e privare dell’amore più prede possibili finché, una volta isolato nella sua stanza, finisce definitivamente per perdere la ragione.

Un tema che prende spunto dal periodo pandemico nel quale l’isolamento forzato aveva messo in difficoltà un po’ tutti e in particolare chi nella vita ha nel momento dell’esibizione e nel confronto con il pubblico uno dei motori essenziali.

In fondo l’album è nato proprio in questo momento e la band è riuscita a far fruttare questo periodo con un lavoro che trova anche negli arrangiamenti una marcia in più, che completa scelte riuscite tra una chitarra avvolgente, e spesso protagonista, e una sezione ritmica davvero convincente.

La band fonde bene un certo stile new wave primi anni 80 con i gruppi che hanno fatto la storia nei decenni successivi, mantenendo linee vocali sempre accattivanti e riuscendo a realizzare una serie di brani che hanno un carattere brillante e cupo allo stesso tempo, capaci di convincere l’ascoltatore.

L’apertura con “Night Shift” si muove tra sapori alla Interpol mentre il successivo “Silence” inizia con una chitarra con accenni smithsiani per poi aprirsi a un ritornello molto riuscito, un buon inizio che viene confermato anche dai brani successivi.

Da segnalare l’ottima ballata oscura “A Freak” insieme a “September”, che non sfigurerebbe in una raccolta di inediti degli Echo And The Bunnymen con la bella chitarra alla Will Sergeant (che ogni tanto riaffiora in tutto l’album), e a “Your Shape Pillow” che chiude l’album lasciando la speranza di una via d’uscita al protagonista di questo concept album.

“The Truth in a Dark Age” è un lavoro convincente, ben scritto, suonato e arrangiato ottimamente, riesce a mettere bene in mostra le qualità della band che ha tutte le carte in regola per esibirsi e avere un riscontro anche livello internazionale.