Il percorso artistico di M. Ward si arricchisce di un nuovo capitolo ed è un album molto diverso sia dal progetto dedicato a Billie Holiday (“Think Of Spring”) sia dall’ultimo disco di inediti, “Migration Stories” del 2020. Torna a collaborare con altri artisti il buon Ward, abitudine che durante la pandemia aveva dovuto giocoforza abbandonare ed è come se volesse recuperare in fretta il tempo perduto.

Credit: Sanne Ahremark

Non stupisce quindi che questi dieci brani siano in gran parte influenzati dai compagni di strada scelti e cercati, tra graditi ritorni e new entry, anche se non mancano certo momenti più raccolti in cui Matthew Stephen Ward si lascia accompagnare dalla fida chitarra acustica tra gli arpeggi delicati di “lifeline”, l’atmosfera giocosa della title track, le melodie solari di “for good” e “story of an artist” secondo sussurrato omaggio a Daniel Johnston dopo “To Go Home” (era il 2006).

Il fulcro di “Supernatural Thing” però è altrove, inutile negarlo. La voce di M. Ward trova alleate preziose nelle First Aid Kit che arricchiscono con le loro gentili armonie ben due brani, “too young to die” e “engine 5″ tra folk puro e ritmi più sostenuti, mentre “new kerrang “ è terreno di caccia per Scott McMicken dei Dr. Dog in un on the road dal sapore western.

“i can’t give everything away” impegnativa cover del David Bowie di “Blackstar” è il brano più avventuroso del lotto grazie a Jim James che con Ward aveva già collaborato in “Post War” e qui si carica sulle spalle il peso di una canzone completamente decostruita, dove chitarra e sassofono tracciano note quasi jazz. Altro ritorno quello dell’amica Neko Case in una deliziosa “dedication hour” tutta piano e chitarre sinuose, una canzone d’altri tempi, un po’ d’antan.

Decisamente grintosa è invece “mr. dixon” con gli Shovels & Rope che regalano a Ward un po’ del loro groove ma senza esagerare. Trentacinque minuti in cui Matthew Stephen si è voluto divertire quelli di “Supernatural Thing”, che intrattengono piacevolmente con qualche lieve sperimentazione – nulla di troppo spinto sia ben chiaro – senza voler aspirare all’intensità degli album migliori.