Chi se lo aspettava che dopo quasi due decenni, i Rolling Stones tornassero con un album di inediti ben strutturato e convincente. Eppure ecco qua il gruppo di anziani più cool del ventunesimo secolo a suonare e comporre ancora, con il semplice obiettivo di arrivare a chiunque.

Credit: Mark Seliger

L’annuncio di “Hackney Diamonds” è arrivato come un fulmine a ciel sereno. Dal nulla piccoli indizi apparsi sui giornali inglesi, successivamente per le strade delle metropoli di tutto il mondo fino ad una strategia social e ad un nuovo sito web abbastanza boomer da convincere che fossero proprio loro gli artefici del misfatto. L’ultima volta che abbiamo assistito ad un nuovo disco d’inediti c’era ancora George W Bush alla presidenza americana, poi il nulla. Forse per il quasi flop di quell’album, i Rolling Stones decisero quindi di darsi ai live, alle cover di brani blues tanto amati dagli stessi. E poi, eccoci qua: chi se lo aspettava che, dopo così tanti anni di carriera, il gruppo inglese potesse ancora essere così convincente.

Gli accenni al blues e al soul ci sono tutti. Basti pensare al primo singolo rilasciato, e prima traccia del disco, “Angry”, dove ritroviamo delle chitarre pulite di Richards e Wood ed uno scoppiettante quanto convincente Jagger che con la sua voce graffiante s’incazza perché non si scopa più. Certo, i testi in generale di questo album non saranno i più profondi della loro storia ma questo viene messo in secondo piano dall’interpretazione del frontman. Un’interpretazione da Oscar se si pensa a “Dreamy Skies” che mischia il solito american blues ed il country delle praterie sperdute del continente.

Anche in “Bite My Head Off” il testo non è proprio dei più interessanti, ma se lo isoliamo per parlare dell’arrangiamento dietro possiamo dire che questo è un grande pezzo che mischia perfettamente lo stile tipico della band con una modernizzazione per avvicinarsi anche a quei ragazzini che non sanno chi siano gli Stones. Sulla stessa scia i brani come “Get Close” e “Depending On You”, ben strutturati e con dei suoni puliti. Anche in questi, non si sentiva Jagger così coinvolto da tantissimo tempo.

Ma non solo ritroviamo lui a cantare in questo disco. A mo’ di tradizione, anche Richards si rimette davanti ad un microfono per quella che sembra una canzone grunge anni ’90. “Tell Me Straight” non è una brutta prova per il chitarrista, più debole nel cantato negli ultimi anni, ma anzi un buon passo in avanti (o indietro agli albori, chissà) in quella che è una ballad amarcord di cosa è successo nella mia vita e dove andremo a finire. Basta che me lo dici subito.

“Sweet Sound Of Heaven” non è nient’altro che Stones al 100%: questo brano non è per i nuovi arrivati, ma per i nostalgici come noi. Una canzone blues e soul, arricchita da una voce potente e audace di Lady Gaga. In un brano di 7 minuti e mezzo, quello che sentiamo è un’ottima fusione tra le due voci, le chitarre sono lasciate indietro per fare spazio al piano e alle trombe e ai sax.

Il brano di chiusura, “Rolling Stone Blues”, non è altro che la cover di “Rollin’ Stone” di Muddy Waters ma rinominato come pareva a loro (ovviamente non a caso). Il brano parla per sé, puro blues chitarra e armonica e voce: infatti in questo caso il gruppo ha lasciato Jagger e Richards eseguire la performance, in un duetto profondo e bello che non denigra la sua versione originale.

I Rolling Stones non potevano che tornare più forti che mai, questo è assodato. “Hackney Diamonds è un album che rimarrà impresso nella nostra memoria e che servirà inevitabilmente a far conoscere la band, e la sua storia, a coloro che ancora non sono entrati in contatto con un pezzo di storia della musica rock mondiale. Certo, ha le sue debolezze com’era scontato che fosse ma spezziamo una lancia a favore di questi adorabili anziani: fare un album così, dopo tutti quest’anni, non richiedere coraggio, ma solo tanta bravura. E gli Stones di bravura ne hanno ancora da vendere.