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Non ho mai davvero accettato la sparizione dell’Italia dai tour degli Okkervil River, perché capisco quando una band fa una data a tour qui da noi e poi anche quella data si smaterializza, ma quando, invece, le date sono molte e frequenti per diversi anni e poi, di colpo, si precipita direttamente a zero, fa decisamente più male. Eppure così è successo per la creatura di Will Sheff, e, anche se, nel frattempo, sono riuscito a godermeli un paio di volte all’End Of The Road, mi è sempre rimasta sul gozzo l’assenza così prolungata dalle nostre latitudini.

Per fortuna, l’attesa sta per finire, perché il nostro, che ormai usa il proprio nome di battesimo, sarà in Italia per ben quattro date a novembre, e si porterà dietro una band al completo per quello che promette di essere un magnifico viaggio tra presente e passato. Non c’è momento migliore, quindi, per una bella top 10 celebrativa del talento compositivo e interpretativo del musicista di Austin.

Stavolta, la scelta delle canzoni è stata particolarmente difficile, per via della mia politica di includere brani da ogni disco che merita. Siccome i dischi sono dieci, e meritano tutti, ho operato il più classico dei tagli orizzontali, scegliendo una canzone da ogni disco. È stata durissima, in alcuni casi davvero crudele. Ma ecco qui il risultato, che mi piace molto perché tutte le canzoni sono bellissime.

10. We Need A Myth
2011, da “I Am Very Far”

Credo che chiunque sia d’accordo sul fatto che questo è il disco meno riuscito di Will, quello in cui il Nostro ha faticato nel mettere a fuoco l’integrazione tra le diverse componenti della propria cifra stilistica. Va detto, comunque, che meno riuscito non significa brutto, anzi, il disco è più che ascoltabile, e questa canzone, in particolare, è venuta proprio bene, con un ottimo equilibrio tra ambizione e scorrevolezza. È un brano arioso, trascinante e mai statico, davvero un gran bell’ascoltare.

9. It Ends With A Fall
2003, da “Down The River Of Golden Dreams”

Siamo ancora nella prima fase della carriera di Will, quella in cui le canzoni sono molto influenzate dalla tradizione statunitense, non solo a livello stilistico, ma anche e soprattutto dal punto di vista dell’approccio e dell’attitudine, con la voglia di guardare dentro se stessi e mettersi a nudo agli occhi degli ascoltatori con una certa deferenza. Già qui, comunque, la personalità artistica emergeva alla grande, con la voglia di dare una robusta dose di colore e di varietà sonora a questa tradizione, e con una sensibilità melodica e vocale già fuori dal comune. Il disco in questione, in particolare, segna un vero e proprio punto di non ritorno per quanto riguarda questo modo di fare musica, e il Nostro dovrà necessariamente cambiare e spingere in alto l’asticella dell’ambizione e dell’intensità. Questa canzone, intanto, è un esempio particolarmente fulgido delle coordinate stilistiche seguite da Will nei suoi primi dischi.

8. On A Balcony
2013, da “The Silver Gymnasium”

Nel momento in cui Will si rende conto di non essere più in grado di controllare al meglio il lato epico della propria proposta, torna saggiamente a uno stile più asciutto e a una prospettiva basata sull’introspezione. È la mossa che serviva per ritrovare ispirazione e assicurarsi di avere ancora molto da dire e da dare. Questa canzone è particolarmente importante perché ci mostra un autore che, nonostante quanto detto sopra, risulta tutt’altro che dimesso e scoraggiato, ma sa ancora toccare le corde giuste per creare musica che coinvolge e dà tanta adrenalina a chi la ascolta.

7. Okkervil River R.I.P.
2016, da “Away”

Dopo aver ritrovato una quadra soddisfacente nel disco precedente, era normale che Will proseguisse con un modo di lavorare sempre più legato alle proprie vicende personali, con un suono diretta emanazione delle stesse. In questo caso, una particolare influenza ce l’ha la scomparsa del nonno, per un lavoro dai toni particolarmente tenui e che punta ad accarezzare più che a scuotere. A suo modo, comunque, il suono ha una propria robustezza e l’intensità emotiva è sempre presente, soprattutto in questa canzone, che apre il disco con un titolo che potrebbe apparire provocatorio, ma che, in realtà, ha uno scopo catartico, ed è questa la chiave di lettura principale per adorare una canzone davvero splendida.

6. Famous Tracheotomies
2018, da “In The Rainbow Rain”

L’ultimo album a nome Okkervil River vede un Will più disincantato e che ha nuovamente voglia di proporre musica piena di suoni e di strumenti, senza però abbandonare la maggior morbidezza dei precedenti lavori. È un po’ una sua versione di Destroyer, a voler ben vedere, e l’ascolto lascia sensazioni in perfetto equilibrio tra rilassamento e positività. In questa canzone, che apre il disco, il Nostro riflette su un evento che avrebbe potuto sconvolgergli la vita, come la tracheotomia, che chiaramente è una grossa incognita per un cantante, provando a cercare conforto in esempi passati, con tanto di citazione finale dei Kinks quando parla di Ray Davies tra gli artisti di chi ha subito quell’intervento e ce l’ha fatta. È una canzone ammaliante e davvero capace di far capire all’ascoltatore che non bisogna mai abbattersi e pensare che c’è sempre la possibilità che le cose vadano bene.

5. Estrangement Zone
2022, da “Nothing Special”

Veniamo al presente, assolutamente magnifico, con un disco a proprio nome che è tra i migliori di tutto l’anno scorso. Un disco in cui Will trova un modo finora mai sperimentato di far interagire leggerezza e spigolosità, con una scrittura di alto livello, interpretazioni vocali sublimi, una produzione perfetta per lo scopo di cui sopra e testi in cui ci si continua a guardare dentro, ma con l’occhio rivolto molto più al futuro che al passato. Questa canzone è particolarmente significativa per quanto riguarda gli aspetti ora menzionati, e ci mostra un artista, e soprattutto una persona, che, a quasi cinquant’anni, ha finalmente chiare in testa molte risposte e non ha paura di fare ciò che deve e essere ciò che è.

4. Lost Coastlines
2008, da “The Stand Ins”

Anche in una carriera così di alto livello, è normale che ognuno abbia un proprio periodo preferito, e per me è quello della seconda metà degli anni Zero, in cui la musica degli Okkervil River aveva davvero tutto: sfrontatezza, sensibilità, melodie incredibili, una voce unica. È anche stato il periodo in cui più spesso li ho visti dal vivo, ed erano sempre concerti pazzeschi. La parte alta della classifica, quindi, non può che essere colonizzata dai dischi usciti in quel periodo, e per quello in questione non posso che scegliere una canzone tra le più entusiasmanti di tutto il repertorio di Will, una vera gioia per le orecchie e per l’anima che si vorrebbe non finisse mai. Di solito non mi piace quando le canzoni vengono eccessivamente prolungate con i la la la la, ma qui era assolutamente necessario e doveroso farlo, e per fortuna Will lo ha fatto.

3. Our Life Is Not A Movie Or Maybe
2007, da “The Stage Names”

Certe canzoni riescono a essere speciali già dal titolo, e trovatemi un titolo più bello di questo, che è già in gradi di farti pensare e ti incuriosisce tantissimo sul contenuto della canzone. Poi passi all’ascolto ed ecco questa melodia pazzesca che basta ascoltare mezza volta e ti rimane in testa per la vita, questa voce irresistibile, questi saliscendi di ritmo e di intensità, questo tiro che non fa prigionieri, e basta dai, certe canzoni non si spiegano, si amano.

2. Red
2002, da “Don’t Fall In Love With Eveyone You See”

La doverosa eccezione alla colonizzazione del periodo di cui dicevo sopra è rappresentata da questa canzone clamorosa che, nel modo più semplice possibile, mette in scena un ritratto realistico e toccante di una personalità dominata dalla propria emotività, dalla propria curiosità nel cercare di capire sia se stesse che il mondo attorno a sé e dalla voglia di agire nel modo più attivo possibile per mettere a frutto tutto ciò che ha imparato e compreso. Una canzone dalla rara limpidezza compositiva e interpretativa e che può vantare una profondità di sentimenti ragguardevole.

1. For Real
2005, da “Black Sheep Boy”

Quell’inizio apparentemente calmo ma che già lascia trasparire la tensione, quella botta sonora improvvisa che dà il primo colpo di vita, quella voce mai così coinvolgente, quel testo mai così sentito e, come da titolo, reale, quella gestione sapiente dell’intensità sonora, che va e viene nel modo ogni volta più opportuno, e poi quel giro di chitarra tanto acido quanto devastante, e a quel punto chi sta ascoltando col cuore e la mente aperti non è semplicemente più su questo mondo. Canzone letteralmente immortale.