Paul Hudson from United Kingdom, CC BY 2.0, via Wikimedia Commons

Uscito all’inizio dell’anno, il secondo album dei The Murder Capital da Dublino ha mostrato una band con una visione poetica e sonora già matura, capace di instillare in una algida creatura post-punk calde venature di cristallina bellezza e di quasi radioheaddiana estasi. Durante il concerto a cui abbiamo assistito nella sala di Largo Venue a Roma prevale però un approccio più crudo, potente e rumoroso (comunque senza strafare), che mostra la polpa pulsante delle composizioni dei cinque irlandesi, esibendo viscere e tensioni, emozioni a fior di pelle e febbrili palpitazioni romantiche.

La data romana di questo Clown’s Reflection Tour si apre con il nuovo singolo “Heart in a Hole”, che comincia a scaldare il pubblico con le sue pulsazioni avvolgenti. Sembra però solo una misurata introduzione rispetto alla vera miccia che accende il concerto, e cioè una versione tagliente come rasoi vittoriani di “More Is Less”. L’acustica rende il suono un po’ impastato, tuttavia non ci impedisce di godere della potenza geometrica e della drammaticità espressa sul palco dall’ensemble.

Si alternano così la vena esplosiva dei pezzi tratti dal primo ottimo “When I Have Fears” alla malinconia ombrosa delle canzoni del lavoro successivo, irrobustite da esecuzioni rotonde e roboanti, fino al finale tra dramma e redenzione, mentre appare vivido il calore e l’affetto tra folla e palco, vedi i fiori donati a pubblico dal frontman James McGovern – tra l’altro sorprendentemente controllato nel suo baritono serioso – e una maglia di Totti indossata dal cantante con fierezza e credibile simpatia, proprio durante gli ultimi minuti.

Lo show viene quindi sigillato da una versione meno estatica e più indocile di “A Thousand Lives” che apre alla doppietta-killer di “Don’t Cling to Life”/“Feeling Fades”, con tanto di stage diving finale di McGovern, che si dà in pasto al pubblico nel più classico dei rituali rock’n’roll.