Mai domi, i Duran. Sempre alla ricerca di nuovi stimoli e di nuovi spunti, proprio come ai (bei) tempi di “Rio” e dei vestiti sgargianti degli Eighties. Questa volta è Halloween il tema che ha riacceso la fiammella dell’ispirazione della band inglese. Per l’occasione, i quattro “ragazzoni” originari di Birmingham, si sono riuniti con tutta una serie di musicisti che hanno sempre gravidato intorno all’universo duraniano, con l’aggiunta del tocco musicale apportato da alcune “special guests”, non lontanissime dall’immaginario del gruppo di “Girls On Film”: dall’ex storico componente della formazione inglese, Andy Taylor (che sta combattendo una dura battaglia contro il cancro) a Nile Rodgers (co-producer del progetto al pari di Mr. Hudson), passando per Warren Cuccurullo, fino a Victoria De Angelis dei Maneskin.

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Tanta carne al fuoco, dunque, per un disco che rappresenta il successore di quel piccolo gioiellino pop che era stato “Future Past” (pubblicato appena due anni or sono). Del resto, Simon Le Bon e soci, non hanno mai disdegnato le (spesso rischiose) sperimentazioni sonore, anche a costo di incappare in qualche scivolone di troppo. Sgomberando subito il campo dalle (prevedibili e tediose) critiche preventive, “Danse Macabre” non è un disco pubblicato per meri obblighi contrattuali, né una raccolta di cover fine a sè stesse, ma un lavoro di pregevole fattura, che apporta nuova linfa alla già ricca discografia dei Duran. Il primo assaggio dell’album era stata l’inedita title-track, un pezzo super-catchy (e super funky) che ricorda un po’ le atmosfere degli esordi degli ex “fab five”. Non si tratterà della nuova “The Chauffeur”, ma è un brano che rappresenta degnamente quello che vuole essere il focus dell’intero progetto.

I momenti più riusciti sono quelli in cui la band britannica si lascia andare, senza tanti fronzoli, al flusso infinito della creatività. Come nel caso dello splendido rifacimento, in chiave “Bryan Ferry“, di “Psycho Killer” dei Talking Heads. La forte ammirazione di John Taylor e compagni verso i Roxy Music, è cosa abbastanza risaputa, sin dai tempi del debut album e di quel capolavoro incompreso che risponde al nome di “Seven And The Ragged Tiger”. Va un po’ meno bene, invece, quando i nostri provano a spingere il piede sull’acceleratore, come nel (non) riuscitissimo omaggio a Rick James in “Super Lonely Freak”. Mentre potrebbe risultare gradevole, ma in una versione più estesa e meno striminzita, la sempiterna “Paint It Black” degli Stones.

All’interno di “Danse Macabre”, vi sono anche delle piccole “chicche” per i fan della prima ora. “Sekret October 31st”, per esempio, non è altro che la rivisitazione di una delle b-sides più amate dai tanti estimatori dei Duran Duran sparsi in giro per il globo. La stessa traccia d’apertura, “Nightboat”, è la versione 2.0 del pezzo(ne) contenuto nell’omonimo album d’esordio degli inglesi. Sono in grande spolvero, i Duran. Solo un anno fa, tra l’altro, venivano inseriti nella prestigiosa “Rock And Roll Hall Of Fame”. Merito di una carriera condotta in maniera piuttosto coerente, anche se al netto di alcuni alti e bassi, che sono pressoché inevitabili, quando si stanzia per anni ed anni nei piani superiori del gotha musicale. Carriera a cui, “Dans Macabre”, rende decisamente giustizia. Aprendo probabilmente un nuovo capitolo di una storia che, oramai, dura – gloriosamente – da ben quattro decenni.