I primi anni del nuovo millennio furono caratterizzati da pubblicazioni interessanti e in quel periodo ascoltavo di tutto, alla ricerca del disco del secolo probabilmente, mah… In realtà, considerato il mio background musicale il più delle volte l’ascolto ricadeva sui miei beniamini e, tra questi, certamente Peter Gabriel. Nel lontano 2002, l’attesa era dunque rivolta al nuovo disco del Maestro, “UP”, dieci anni dopo il precedente e bellissimo “US”.

Credt: Nadav Kander

A distanza di ventuno anni, ascoltare la versione di “Growing Up” (terzo singolo di “UP”) in versione acustica ad inizio live nella splendida venue dell’Arena di Verona, ha riempito la mia anima di una carica emozionale indescrivibile dopo un anno per me particolare e, peraltro, proprio nel giorno del mio quarantasettesimo compleanno! Concerto praticamente perfetto, goduto dalla “prima linea” (presi il biglietto c.d. “VIP”), ricco di pathos e numerosi momenti da pelle d’oca. Nel rimandarvi per la cronaca della serata al nostro live report, vi dico solo che Peter ha presentato in versione live tutte le tracce del suo nuovo lavoro (ad eccezione della sola “So Much”) per la gioia dei fan, e non solo, che da tanti anni aspettavano nuove canzoni del Nostro.

Per gli adepti del Maestro e per gli appassionati di musica d’autore la data del 1° dicembre, rilascio ufficiale di “i/o”, è puramente simbolica in quanto hanno avuto modo di digerire l’intero full length nel corso dell’anno a partire dalla meravigliosa “Panopticom” – con il suo trascinante refrain contornato da raffinata elettronica e momenti “orientaleggianti” – e poi con la pubblicazione di un nuovo brano in occasione di ogni luna piena, fino ad arrivare ad oggi.

Dodici episodi di pop rock resi perfetti anche grazie alla distintiva e inconfondibile timbrica di Gabriel che, alla veneranda età di 73 anni, non sembra aver perso minimamente il suo potere magnetico che cinge ogni nota, in brani profondi, dotati di una scrittura semplice ma incisiva, edificante e palpabile.

Tra l’altro, tutti i dodici brani sono proposti in due mix, con minimali differenze, curati da due pezzi da novanta, ovvero il “Bright-Side Mix” per mano di Mark ‘Spike’ Stent (Madonna, U2, Beyoncé, Björk, Depeche Mode, Lady Gaga, Coldplay, Oasis, Keane, Massive Attack, Bastille, Take That) e il “Dark-Side Mix”, rimodellato da Tchad Blake (Ani DiFranco, Arctic Monkeys, Crowded House, David Rhodes, Elvis Costello, Fiona Apple, Pearl Jam, Sheryl Crow, Tom Waits, Tracy Chapman, Travis). In realtà, c’è pure una versione “In-Side Mix”, in Dolby Atmos, inclusa nell’edizione deluxe di tre dischi e Blu-ray che uscirà a marzo 2024, realizzata da Hans-Martin Buff.

La successiva “The Court” riporta alle sonorità proprio di “UP” con il suo ritmo avvolgente che apre al delicato e raffinato climax della meravigliosa “Playing for Time” – con il pianoforte di Tom Cawley – una ballata che all’apparenza potrebbe apparire nostalgica laddove la solenne conclusione sull’eco di archi rende invece tutto incredibilmente gioioso.

I temi affrontati sono molteplici e interiori come la connessione con il mondo circostante, il passare del tempo, la mortalità, il dolore, l’ingiustizia, il terrorismo, per citarne alcuni, e si riverberano nell’interpretazione di Gabriel che riflette il suo modo di pensare speranzoso e ottimistico. Il motivo entusiasmante e arioso che lega le note della title track (“i/o”) ma anche le derive funky dei bass synthesizer di Don-E in “Road to Joy” – che riporta alla memoria sonorità alla “Steam” – rappresentano un vivido esempio della capacità di Peter di trasformare un lavoro durato un ventennio in qualcosa di attuale e dalla connotazione sempre innovativa.

Un disco, “i/o”, che non risente della lunga gestazione, insomma, ma che porta in dote una tracklist di elevata caratura nella quale coesistono pura eleganza come nell’orchestrale e pacata “So Much”, sperimentazioni come nelle note psichedeliche e dall’ambientazione sommessa di “Love Can Heal” e finanche riflessi draconiani nell’accorate e personali note di “And Still”.  

Registrato presso i Real World Studios e lo studio di Peter, “i/o” è stato reso possibile anche con la collaborazione di una nutrita e imponente schiera di ospiti nonché amici di lunga data e, dunque, al fianco di figure storiche come il chitarrista David Rhodes, il bassista Tony Levin e il batterista Manu Katché si è aggiunto anche Brian Eno, che ha contribuito alla produzione, ai sintetizzatori e alla programmazione ritmica ma anche all’elettronica e al sound design dell’intero album. Degne di nota, poi, le percussioni di Richard Russell, gli archi della New Blood Orchestra, guidati da John Metcalfe e i fiati di Josh Shpak e Paolo Fresu, mentre la figlia di Peter, Melanie (già al lavoro in “UP”) ha curato i cori, tra l’altro, nei quasi sette minuti di una sublime di “Four Kinds of Horses”, dove religione e terrorismo convivono in un trionfo di sopraffini e irraggiungibili arrangiamenti.

L’apice pop dell’album vive nelle giulive sonorità di “Olive Tree”, sei minuti che dimostrano come Gabriel sia senza dubbio uno dei migliori artisti in circolazione perché capace ancora di ideare il “ritornello perfetto”. La chiusura del decimo lavoro dell’artista di Chobham si incentra sul concetto di positività contro le avversità del mondo, una “Live And Let Live” dove nella seconda parte si respira un senso di appagamento, di soddisfazione e dove vien voglia di abbracciare una persona cara per regalargli un sorriso, una carezza, un gesto di pace e amore.

Il decimo lavoro di inediti (nel mezzo ricordiamo l’album di cover del 2010 “Scratch My Back” e la rivisitazione orchestrata dei classici del 2011 “New Blood”) ci regala un Gabriel immenso e monumentale, un artista senza tempo, come le sue incredibili canzoni.