La distonia oltre la distopia. Il caotico fragore dopo l’attraversamento dell’orizzonte degli eventi, che riconfigura il corpo, la fisica, la natura e le credenze: “Scope Neglect” è il nuovo mondo sonoro di uno dei demiurghi ambient/noise più mefistofelici e capaci del Nuovo Millennio. Ben Frost osserva e interpreta una eclisse radioattiva, descrivendo un viaggio di trascendenza tra orrore ed estasi, spingendosi oltre i confini della propria visione artistica.

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Mentre la natura si sgretola sotto il peso dell’umanità, Frost esplora un mondo devastato attraverso abrasioni sonore mai esplorate da lui con tale insistente violenza, che riesce ad essere stemperata solo dalla solennità dello sguardo di un ipotetico deus ex-machina, voracemente affamato di incubi siderali persi nel cosmo. Ispirandosi in parte alla ricerca minimalista post-moderna, l’artista mescola elettronica sperimentale, componenti noise e industrial, stavolta sfociando deliberatamente in territori heavy metal grazie alla collaborazione con Greg Kubacki dei Car Bomb e Liam Andrews dei MY DISCO. I riff metallici producono lacerazioni animalesche, mordono con robotica precisione corpi ambient emaciati, quando non è invece l’elettronica che proietta affilate scie laser su distorsioni caracollanti e pulsazioni distorte, rendendo i paesaggi cupissimi nel loro inintelligibile, sfrangiato mistero.

E così il fervore sonoro si scioglie nella meditazione trascendentale, traendone per converso ancora più vigore e potenza. Lasciando fluire la sua musica tra ripetizioni ossessive e atmosfere clasutrofobiche, Frost ci trasporta in un mondo dal fascino post-geometrico, al di fuori di visioni euclidee e pregno di aberrazioni aliene.

Scope Neglect è un’esperienza sonora a dir poco ostica, di non poco fascino, soprattutto vista all’interno del percorso del suo autore. Il suo approccio radicale alla materia sonora ne suggerisce però un ascolto spezzettato: manca, in definitiva (ma non è necessariamente un “difetto” in sé per sé), la magmatica aura di altri lavori dell’australiano. Chi è avvezzo all’avanguardia più corrosiva apprezzerà le molteplici oscure sfaccettature di queste tracce, avvolte da una buia coltre che le nasconde dentro un’apparente, soffocante monodimensionalità. Chi preferisce il Frost più lirico non potrà che rivolgersi ai suoi lavori precedenti.