Quanta arte è stata fatta e quanta se ne farà  dopo la fine di un amore. Da una rottura con un’altra persona possono emergere sentimenti di rabbia, rimpianto, disperazione, voglia di reagire e chi più ne ha ne metta. Certo il tutto non lascia indifferenti e gli artisti trasportano queste emozioni nelle loro creazioni. Dico arte perchè anche la musica è arte, nobile, importante e veicolo di immagini ed empatia.

Elle Mary fa partire il suo disco dalla fine di una relazione e l’effetto che ricerca nella sua musica è ovviamente quello di una catarsi, una necessità  di guardare avanti ma con l’occhio a quello che è stato, senza però piangersi addosso. Nelle sue uscite precedenti emergeva l’anima folk che piano piano andava ad incrociare sentieri già  battuti in modo eccelso da musiciste come Sharon Van Etten o Laura Marling. In questo disco le basi sono certo queste, ma è sempre più evidente un approccio consapevole e devoto allo slowcore, con battuta molto bassa e chitarra/voce che dipingono paesaggi minimali che si fanno avvolgenti. Non c’è mai la volontà  e nemmeno la voglia di forzare, anzi, mentre le luci e i toni si abbassano, l’anima noir di Elle ci cattura e ci invita godere dei silenzi e delle più piccole sfumature e dei lievi (ma presenti) cambi di ritmo, sopratutto nella parte centrale del disco (“Dark”, da questo punto di vista è stupefacente). C’è una capacità  assoluta nel mantenere il controllo e nel non perdere mai la misura che lascia esterefatti (“Happiness” chiama la chitarra elettrica vigorosa, ma nulla va oltre il limite che s’impone Elle e che bello anche il crescendo di “Behave”), mentre a tratti tinte di un blues crepuscolare (più nella sostanza che nella forma) permeano l’ambiente.

Dal 21 al 26 novembre la nostra fanciulla sarà  in Italia: mi raccomando…