L’ultimo w-e di agosto, il Parco Nazionale di Saint-Cloud, appena fuori Parigi, ospita un interessante evento musicale: il Rock En Seine Festival.
Parigi è costretta ad abbandonare il nevrastenico campanilismo: le nuvole e la pioggia quasi sempre presenti, il 26, il 27 e il 28 agosto, hanno suonato ““ e Parigi non può non ammetterlo ““ un po’ british.

Segue il copione di una trilogia cinematografica, di quelle che iniziano con il botto e che ti lasciano perplessa, con l’amaro in bocca, alla visione delle ultime immagini.
Il primo giorno ““ venerdì 26 agosto ““ è quello dei Foo Fighters.
L’attesa è fatta di buona compagnia: tenaci ed energici i Biffy Clyro, spensierati ed emozionanti gli Herman Dune, per nulla convincenti i Kills.
Questi ultimi ““ corpo senz’anima ““ proprio come nel concerto milanese dello scorso giugno, troppo ammiccanti e modaioli: un look che sa di finto rock che riesce ad imbalsamare la folla, che si rianima solo per la spasmodica ricerca del suono della batteria e di battiti reali.
E poi arrivano loro”… Premessa: non sono una fan di primo pelo dei Foo Fighters, un gruppo dai meriti indiscutibili, ma per cui non ho mai pensato di strapparmi i capelli.
Dopo più di due ore di incessante rock e di un irrefrenabile quanto irresistibile Dave Grohl, i capelli sono caduti da soli. Ah, dimenticavo, qui la batteria non si cercava ma ti cercava: lode a Oliver Taylor Hawkins.
Pubblico impazzito e felice: nient’altro che Musica!

La pecca nella programmazione è lampante, una partenza con i Foo Fighters senza contromisure all’altezza nei giorni successivi: sabato 27 agosto, si assiste, infatti, a due esanimi concerti. Gli Interpol ““ bloccati – e gli Arctic Monkeys che assecondano la monotonia dei primi. Due concerti deludenti, che non lasciano nulla se non amarezza.
Peccato, davvero, per non aver assistito al concerto dei Blonde Redhead: sono arrivata appena in tempo per gli ultimi pezzi”… un assaggio, che prometteva molto bene per la parte precedente.
Il terzo giorno, da segnalare, i disastrosi La’s di “There she Goes”: a metà  concerto il pubblico si è allontanato alla ricerca di conforto tra panini con la salamella parigina, birra e altro cibo discutibile ma appagante.

Bel concerto quello degli Horrors (con richiamo ai Joy Division, a volte, ostentato), non male i Deftones; i Cat’s Eyes, progetto di Faris Badwan, sono forse troppo particolari per me, che non sono riuscita ad apprezzarli fino in fondo.
Prima di perdermi totalmente tra gli Archive – che spaziano troppo dall’acustica all’elettronica, dall’ambient a non so cos’altro, decido di avviarmi verso il centro parigino con la speranza di rivedere quanto prima Dave Grohl & co. dal vivo.
A parte tutto, è stato un buon festival, per nulla paragonabile alle esperienze musicali italiane degli ultimi anni in quest’ambito, che offrono scalette surreali con i Negramaro, Fabri Fibra, Interpol, Verdena ed Elbow, lo stesso giorno, nella stessa città , sullo stesso palco.