Il ritorno di Clark sulle scene può largamente esse definito uno dei momenti topici nel calendario di appassionati e addetti ad un’elettronica di fine levatura. Il producer britannico, dopo la fortunata colonna sonora “The Last Panthers” per l’omonima serie tv di SKY Uk e Canal +, è ripartito da un nuovo album che sembra raccontare a piccoli passi gran parte della sua carriera, con un approccio per vari aspetti simile al passato ma con uno sguardo, tangibile, al futuro. Le atmosfere cinematiche, proprie già  dello stile di Clark dagli esordi, sembrano essere influenzate dal percorso ragionato e curato nei dettagli che è stato affrontato nella recente realizzazione di una colonna sonora, in questo caso come uno sviluppo più idealistico e personale, com’è comprensibile, trattandosi di un’idea non legata allo schermo, ma alla tarda nottata in un club.

“Death Peak” è un accumulo di emozioni sempre tendenti ad elevare l’ascolto ad un picco di collisione, come si evince dal titolo stesso. Elementi sonori e mentali che segnano una strada propria, in cui si esaltano molti dei quid compositivi che l’artista inglese ha spessissimo palesato e orchestrato – molto bene – anche in passato. Una primavera cupa, come suggerisce il brano d’apertura “Spring But Dark”, in cui la maggior parte dei fattori del Clark-pensiero si muove. Il rave di stampo IDM che parte subito dopo, con “Butterfly Power”, è l’indizio della commistione di elementi trascendentali costantemente in atto, molto distanti tra loro ma accompagnati sulle sponde dello stesso senso enfatico. Per questo, “Peak Magnetic”, dalle trame melodiche e dolci, si scontra nello sviluppo con una vasta parte orchestrale imponente, preambolo alle derive industrial di “Hoova” e “Slip Drones”, sempre – nonostante la forza e il piglio – ragionate e attraenti.

“Catastrophe Anthem” e “Un U.K”. possono facilmente essere indicati pezzi manifesto dell’LP, ricchi di quella collisione ambientale tra sacrale e concreto, disputa ricorrente nelle sfumature del concetto ideologico di Clark, qui in versione forse ancor più marcata. Per questo motivo, i brani più terrestri come “Aftermath” e “Living Fantasy”, di piglio più immediato e risolutivo, hanno comunque al loro interno la stessa intenzione stilistica, per collimare con un lato più scientemente esasperato dell’elettronica intelligente. Un punto focale per costruire un lavoro pensato ma non costretto, che riesce nell’intento di sostenere la narrazione sonora in maniera agevole.

Chris Clark si conferma la punta dell’iceberg di casa Warp, perchè sa esattamente cosa proporre e in che modo. Sa quanto la sua impronta abbia caratterizzato una decade e quanto, seppur rimanendo defilato da lidi più ambiti e in mostra, incida nella scena musicale di cui fa parte.

Credit Foto: Alma Haser