Chi si ricorda “Punto zero” il film del 1971, assurdamente tradotto dall’originale “Vanishing Point”? Si trattava di un Road Movie di Richard Sarafian con un giovane Barry Newman che interpreta Jimmy Kowalski, un reduce di guerra che tornando di corsa a casa dalla moglie alle prese con una gravidanza difficile, sfugge ad un posto di blocco della polizia e comincia a scappare per tutti gli Stati Uniti in un crescendo di difficoltà , fino al punto di scomparsa, il “Vanishing point”.
Bobby Gillespie reinterpreta il film a modo suo, con la sua travolgente psichedelia, inserendo i campionamenti del DJ pirata che guida Kowalski verso la fuga, segnalando i posti di blocco al fuggitivo.

This Radio Station Is named Kowalski,
in honor of the last American hero,
to whom speed means freedom of the soul

Il brano omonimo è un lungo viaggio con campionamenti sfrenati e suonati al contrario, con la voce sussurrata di Gillespie che ripete ossessivamente Like Kowalski in Vanishing Point, un breakbeat fuori di testa che se ascoltato a volume alto può dare effetti lisergici. Non il brano di apertura ma il più significativo. Davvero addictive!
Il 1997 era l’anno di “Ok Computer” dei Radiohead, “Ladies And Gentlemen We Are Floating In Space” degli amici Spiritualized, di “Urban Hymns” dei Verve e di “Blur” dei Blur. Tutti album di rottura o discontinuità , per diverse ragioni.

Per la band scozzese invece si trattava di trovare qualcosa che potesse stare decentemente nella discografica dopo il capolavoro “Screamadelica”. Cosa che non era riuscita con un album di mezzo piuttosto scialbo, “Give Out But Don’t Give Up”.
Tornando all’album, già  dall’apertura appare chiaro il disegno di tornare allo spirito sperimentale e open minded di Screamadelica: “Burning Wheel” ha un basso iperamplificato, qui interpretato da Gary “Mani” Mounfield degli Stone Roses, e dei campionamenti di Sitar, una ritmica trip hop con svariati layer sovrapposti di suoni, che scivolano nella strumentale “Get Duffy”, altro pezzo significativo di storia della psichedelia. Dopo la già  citata “Kowalski” l’album scivola in una ottima “Star”, un brano che sembra la continuazione ideale di “Shine Like Stars” di Screamadelica, una composizione dub, heavy bass e voce sbilenca. La mano di “Mani” si sente eccome.
La struttura caotica della composizione sonora la fa un po’ da padrona in questo album, e la troviamo su una base trip-hop anche nelle successive “If They Move, Kill “‘em” ed “Out Of The Void”.
La seconda parte del disco cede un po’, come spesso accade, vuoi perchè ci si abitua al sound oppure perchè gli artisti prediligono mettere i brani migliori sul lato A del vinile. Rimane di fondo questa texture di suoni ipnotici, guidati dai bassi e oversampled: da segnalare la cover degli Hawkwind “Motörhead”, un brano metal trasposto nel sound dei Primals ed un tributo al film “Trainspotting”, un brano dalla costruzione monotonale, che crea ancora una volta un effetto ipnotico che ben si abbina alle tematiche del film di Danny Boyle.

Nella storia dei Primal Scream si trovano due tipologie di album: quelli retro rock’n’roll e quelli psichedelici e a parer mio non c’è confronto. I secondi infatti nel loro essere fuori da ogni schema hanno sempre svariate sfumature da cogliere ad ogni giro. “Vanishing Point” sale sull’ultimo gradino del podio degli album dei Primal Scream, preceduto oltre che dalla pietra miliare “Screamadelica” dal successivo “XTRMNTR”. Il terzo posto non è riduttivo, ma la conferma dell’eccellenza del prodotto, da conservare nella propria discografia alternativa.

Primal Scream – “Vanishing Point”
Data di pubblicazione: 7 Luglio 1997
Tracce: 11
Durata: 53:31
Etichetta: Reprise Records
Produttore: Brendan Lynch, Andrew Weatherall

Tracklist:
1. Burning Wheel
2. Get Duffy
3. Kowalski
4. Star
5. If They Move, Kill ‘Em
6. Out of the Void
7. Stuka
8. Medication
9. Motörhead
10. Trainspotting
11. Long Life