La situazione del mio Milan è molto vicina alla band di Billy Corgan, che oggettivamente fa parte della storia e ha scritto pagine di musica su un sound costruito e centellinato, in album meravigliosi come “Siamese Dream” che contenevano una scarica di dolore, rabbia e adrenalina unici.

Gli Smashing Pumpkins sono un po’ come un sacrario, come una bellissima galleria d’arte dove entrando bisogna avere la consapevolezza che tutti gli artisti esposti sono morti e le loro icone artistiche appartengono al passato.

Anche se la miccia è lunga e nei live ancora assolutamente bollente, in studio la storia è completamente diversa e ricercare delle nuove idee che possano catturare nuovi fan e riaccendere la curiosità  in quelli storici è molto difficile, soprattutto dopo un periodo di pausa così lungo.

Gli Smashing Pumpkins oggi possono essere anche molto più celebri rispetto a quando negli anni ’90 rappresentavano un po’ i cugini sfigati dell’ alternative rock, eppure quei 30 milioni di dischi venduti probabilmente sono proprio la cifra che nasconde un gravissimo problema per la band che oggi pecca in assoluto di megalomania.

La band prova disperatamente a scrollarsi la polvere di dosso e fare salti mortali anche nei testi, cercando fantasie poetiche e oscure retromanie. In brani come “Alienation” possiamo veramente percepire l’infinita tristezza che ci piomba addosso in elementi come gli assoli compassatissimi e la voce al limite del manieristico di Corgan.

Rick Rubin, e ne sono sinceramente dispiaciuto, ha prodotto un disco che può benissimo stare nella mensola del vostro salotto in cui tenete il DVD di Bohemian Rhapsody. Io fortunatamente ho rotto tutti gli scaffali e non ho intenzione di passare da Ikea.

Nel disco ci sono anche altre vecchie passioni di Corgan, come il voler parlare della sua passata giovane età : in “Travels” c’è proprio quest’ode alla sua gioventù, che ci rimanda direttamente al 1994.

La domanda sarebbe da rivolgere ai più profondi e sfegatati fan degli Smashing Pumpkins, perchè è importante sapere da loro cosa ci si aspettava intimamente da un disco del genere. Sarebbe interessante capire se per un fan è ancora possibile criticare Corgan o si è già  arrivati al livello “agiografico”, in cui è impossibile parlare male della band e del suo frontman.

Le canzoni contenute in questo importante, ma deludente volume 1 di “Shiny and Oh So Bright” mostrano una chiara etichetta con una data di scadenza, probabilmente già  sorpassata.

Rick Rubin alla produzione ci fa tornare a quel paragone calcistico con il quale abbiamo aperto la recensione: puoi anche mettere Conte in panchina, ma con Zapata a reggere la difesa, Il risultato non può variare poi tanto.

Credit Foto: Alpha Pan