Ulisse è la rappresentazione di tutte le forze contrastanti, alcune benevole ed altre maligne, che si agitano nell’animo umano; si tratta degli stessi impulsi e degli stessi stimoli a cui gli Ulysse, band pescarese, tentano di dare una solida ed avvincente corposità  sonora. Una corposità  che, prendendo come riferimento un uomo che può essere coraggioso e temerario, ma che sa essere anche infido ed astuto, un uomo che alterna momenti di impeto vigoroso ad altri nei quali soccombe agli istinti più deleteri ed irrazionali ed alle paure primordiali che sferzano il suo ed il nostro animo, non può che dare vita ad un disco che è profondamente eterogeneo e che alterna sonorità  più robuste e massicce d’ispirazione rock e post-grunge, ad altre, invece, che sono più oniriche, diluite e rarefatte, di chiara matrice post-rock.

Come l’eroe acheo, gli Ulysse si sono smarriti lungo binari sui quali sembrano scorrere solamente parole vuote e senza alcun senso, una serie di luoghi comuni e sermoni paternalistici concepiti per tenerci lontani dalla nostra Itaca, cioè da tutto ciò che potrebbe renderci più consapevoli, più liberi e più felici; da quei sogni, quei progetti, quelle passioni, quei modelli alternativi di società , giustizia, lavoro ed economia che potrebbero consentirci di scrivere un altro futuro, un futuro migliore. “Vetro” ci lascia in balia delle onde di un torbido ed egocentrico presente, nel quale ogni rapporto diviene virtuale, famelico, soggetto unicamente alle leggi del consumo e del mercato; la recente pandemia non ha fatto che amplificare un demone che aveva già  preso il possesso delle nostre vite, rendendole più aride, più artificiali e più solitarie.

Anche Ulisse è solo davanti al mare, ma la sua sete di conoscenza si trasforma nella sua salvezza. Noi sapremo fare altrettanto? Nutriremo la nostra curiosità  o ci accontenteremo, supinamente, delle parole e delle menzogne che cantano le loro Sirene mediatiche, decretando così la nostra stessa fine? “Sontuosa Solitudine” guarda dentro ciascuno di noi, oltre le ritmiche ed i bassi pulsanti di “L’Ascesa Dei Dementi”, oltre quelle creature diaboliche che hanno preso il controllo delle nostre vite, al di là  delle divagazioni ipnotiche, suadenti e strumentali di “HWHAP”, oltre le voci e i rumori disciolti nel magma sonico, oltre i riflessi psichedelici di “Nel Torbido Scorrere”, oltre qualsiasi bagliore e qualsiasi illusione che “Fino Al Sangue” proietta nelle nostre menti e nei nostri cuori. La risposta, seme di dannazione e di speranza, è sempre stati lì, nella parte più nascosta, buia e remota delle nostre coscienze, assieme all’essenza di tutte le nostre esperienze passate, positive o negative, gioiose o sofferte. Dunque, riusciremo a tornare a casa?

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