Per ogni ‘scimmia artica’ che in stato embrionale conquista il mondo a colpi di copertine, vendite, ritornelli fastidiosi, ci sono decine di interessanti band il cui non omologarsi al regnante hype musicale ne impedisce la meritata visibilità .

Clinic, Brakes, Hood, sono solo i primi nomi che mi vengono in mente di una lista interminabile e a cui ora sento il dovere di aggiungere anche i Redjetson. Direttamente dal Southend londinese ai nostri non è bastata la pubblicazione nel 2005 di un ottimo debutto come “New General Catalogue” per ottenere un minimo di attenzione dentro ma soprattutto al di fuori dei confini nazionali. In questi mesi la francese Talitres ripropone il lavoro del sestetto sul mercato europeo, confidando nella maggiore attenzione del pubblico continentale.

Partendo da territori dalla forte influenza post-rock i Redjetson realizzano una raccolta di canzoni in cui l’apparente glacialità  delle strutture sonore si mescola ad una spiccata vena melodica. Ne emerge un affascinante gioco di contrasti che ultimamente meglio è riuscito solo a quel capolavoro di “The Lost Riots” degli Hope Of The States”. “Divorce” (di sicuro la migliore dell’intero lotto), “Stay Comfortable”, “”…The Sky Is Breaking”, riescono nel tentativo di far convivere un’ anima romantica ed un incisione epica e solenne, la carica emotiva rimane sempre alta facendo passare decisamente in secondo piano l’eccessiva lunghezza di alcune parentesi (ben sette canzoni superano abbondantemente i cinque minuti).

Il rock riesce ancora ad emozionare profondamente, anche senza rinunciare ai suoni elettrici, anche senza ricorrere ad interferenze elettroniche, “New General Catalog” è l’ennesimo esempio di come il bistrattato e silente sottobosco britannico non smette di regalarci gioielli sonori da esibire con fierezza.