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Per chi si fosse perso le puntate precedenti Robert Wyatt è il fondatore e batterista di uno dei gruppi di Rock Progressivo più influenti nella storia della musica rock: i Soft Machine. 7 anni dopo aver fondato i Soft Machine, nel 1973, Robert durante un festino cade dal 3 ° di un palazzo e rimane paralizzato dalla vita in giù. L’incidente lo prova duramente, nell’animo e nell’approccio alla musica e al suo strumento in particolare.

Da lì in avanti comincia la sua carriera solista, il debutto post-incidente lo incide addirittura durante il periodo di riabilitazione, è il magnifico “Rock Bottom”. La musica del Wyatt solista è a dir poco inclassificabile, rock progressivo, free jazz, musica etnica, tantissime sono le influenze che convivono nelle incisioni del musicista di Canterbury.

“Comicopera” è sicuramente un disco più leggero e meno denso di “Cuckooland”, più lucente in qualche modo più allegro. Forse anche da questo il significato del titolo. In realtà  tutto si può dire di Wyatt tranne che sia un tipo allegro. Interessante, meditativo, filosofico, cupo, ironico, profondo… tutto tranne che allegro.

Il disco è diviso in 3 atti: “Lost in Noise”, “The Here and The Now” e “Away with the Fairies”. La divisione, simil formato vinilico, forse tradisce una velata nostalgia all’epoca in cui i dischi venivano concepiti in maniera organica ed incisi per essere ascoltati interamente. “Comicopera” è stato prodotto ed arrangiato da Wyatt, registrato in casa di Robert in Louth, con session man che lo stesso Wyatt considera amici e il cui apporto e tracciabile durante l’ascolto del disco.

Il musicista, come sempre, fa di necessità  virtù e i mezzi espressivi che ha a disposizione vengono esaltati risultando un sound unico. I piatti della batteria, gli strumenti a fiato, la modulazione della voce trattata come uno strumento, danno corpo ad una visione della musica da una prospettiva “altra”. Il linguaggio musicale di Wyatt apre all’ascoltatore nuovi paesaggi sonori non convenzionali, spiazzanti, ma sempre oggettivamente belli.

“Comicopera” non è certo “Cuckooland”, “Shleep” e tanto meno “Rock Bottom”, ma l’ascolto è caldamente consigliato e soprattutto, per chi ancora non lo conoscesse, l’avvicinamento è dobbligo.

Recensione precedentemente pubblicata su IndieRiviera