La prima volta che mi sono imbattuto nei Fine Before You Came era un pomeriggio di giugno 2006 a Umbertide, calcavano il palco minore di Rockin’Umbria e l’orario e la calura consigliavano di stendersi all’ombra degli sparuti alberelli del parco cittadino. Vi era però in quelle canzoni di abbandono e nevrosi urbana qualcosa di magnetico per le mie orecchie; ai tempi stavo consumando “Spiderland” degli Slint (come avviene da 15 anni) e “God Bless Your Black Heart” dei Paper Chase, diciamo quindi che ero piuttosto vicino a certe sonorità . In particole la band di Louisville doveva essere qualcosa di più che una semplice combinazione tra questi ragazzi milanesi e me. In poche parole fui rapito dalle grida di Jacopo e dalle tessiture chitarristiche e ritmiche della band. Acquistai di corsa l’omonimo disco (era già  il terzo per loro) ma non ci fu lo stesso rapimento.

Nei tre anni successivi non mi è più capitato di ascoltarli ma ho seguito tutte le notizie sugli sviluppi di una band che non poteva essere un bluff, non con quell’impatto live, e il tempo confermandosi galantuomo mi ha dato ragione. Nel 2009 esce “sfortuna” ed è un “big bang”, il classico lavoro che svolta una carriera ma non solo perchè va a riempire un vuoto nell’indie italico, tracciando una via seguita in questi anni da molte band formatesi proprio sui solchi di quel disco epocale. La quadratura del cerchio risiede nel canto in italiano, cosa che mi fa apprezzare ancora di più il gruppo perchè assesta un ulteriore (e deciso) calcio all’ipocrisia dei testi in inglese per andare all’estero quando nove su dieci serve a coprire la mancanza di cose da dire.

A quel punto i Fine Before You Came diventano gli eroi del web (l’album viene distribuito in download gratuito ben prima di uscire fisicamente), La Tempesta se li accaparra, segue un ottimo riscontro di vendite e soprattutto di presenze ai loro concerti, tanto che le poche date dell’estate scorsa sono state considerate dei veri e propri eventi. L’uscita di “Ormai” ha ricalcato quella del precedente: nessun preavviso e poi domenica 23 gennaio l’annuncio sul web del download gratuito e senza restrizioni. Pandemonio. Ho letto la prima recensione un paio d’ore dopo; ad oggi ne hanno parlato tutti, chi con rinnovato entusiasmo, chi con un pizzico di delusione ma la sensazione è che i Fine Before You Came ce l’abbiano fatta a sfondare, sono una realtà  e la copertina del Mucchio (a proposito, compratelo) sta lì a testimoniarlo. Se lo meritano per molti motivi, il principale è la loro sincerità , pregio che risulta evidente (ammetto che era l’ultimo dei mei dubbi su di loro) scavando tra le pieghe di un album fatto di alti e bassi, figlio del nervosismo cronico di questi ragazzi e della precarietà  dei giorni che viviamo tutti. Non si costruisce una carriera come la loro con le pose, non si cantano (urlano) certe cose per maniera, si devono provare sulla pelle. Non era possibile migliorare rispetto a “sfortuna” ma non era facile nemmeno mantenere lo stesso livello di tensione vitale, la stessa onestà  e invece i Nostri ci sono riusciti, rendendoci pezzi enormi come “Sasso”, “Capire settembre” e “La domenica c’è il mercato”. Devono essere stati sette giorni estenuanti quelli passati in studio, dove i cinque hanno aggiunto al loro ormai classico hard-emo-core velature di new-wave, Jacopo ha fatto tentativi di distacco dal suo solito modo di cantare con risultati alterni. Tutto questo non si può nascondere ma siamo comunque di fronte a un disco pregevole suonato da persone vere.