Parlare solo quando si ha qualcosa da dire, altrimenti tacere. Mi ripeto. Fanno così i Fine Before You Came e credo che abbiano ragione. Le ultime notizie che avevamo di loro erano quelle relative ad un periodo di pausa che seguiva “Ormai” e il pugno di date live che ne aveva accompagnato la presentazione. Era il febbraio del 2012.

Qualche giorno fa i nostri si sono fatti vivi di nuovo, un messaggio nel web ad avvisare i naviganti che “Come fare a non tornare” era pronto da scaricare gratuitamente. Cinque tracce, non una di più nè una di meno, scritte in tre mesi e registrate in una settimana, a condensare un anno e mezzo di vita senza i Fine Before You Came.

La prima notizia è che Jacopo non urla più. Ma ce lo aspettavamo. I testi, meno disperati e più rassegnati, vengono declamati secondo un registro wave che già  si era notato in “Ormai. La seconda notizia è che siamo di fronte ad un disco post-rock, che stende una linea e riabbraccia il gruppo degli esordi, quello che quasi dieci anni fa calpestava i piccoli palchi e cantava (urlava) in inglese. “Come fare…” fa proprie le dinamiche di un genere abbandonato per consunzione ma che sa ancora emozionare applicandolo a testi lirici, dolenti, maturi. Di quella maturità  trovata più che cercata, acquisita attraverso le esperienze di vita, piccole e grandi. Non serve mica andare in guerra per diventare adulti. Succede che ci si accorga un giorno di comprendere una poesia che a diciotto anni si tentava di scimmiottare. Così come succede che ci si ritrovi a fare quel gesto tanto odiato nel padre. L’essere umano è limitato, la sua straordinarietà  vive nel riconoscere fin dove si spingano i propri limiti e lavorarci su.

Quindi tutto può accadere. Ad esempio che in un giorno di giugno i Fine Before You Came tirino fuori un disco di cinque brani tra Godspeed You! Black Emperor e new-wave, che diventa il capolavoro della loro carriera. Questo perchè si tratta di un’opera sincera, personale fino alle soglie dell’autismo, necessaria per la band che lo ha composto e imprescindibile per tutti quelli che credono l’arte figlia di un’esigenza di comunicazione.