Credo ci sia una certa dose di indie, folk ed affini che ognuno di noi può gestire. Arriva poi un momento in cui ti ritieni sazio e forse saturo di tutto questo. Forse sei solo un po’ stufo di tutti quegli artisti che, seppur bravi, si presentano scocciati ed imbronciati, con quell’aria da poeti maledetti, e allora prendi la macchina e te ne vai a sentire i Nada Surf per risentire quel rock-pop dal sapore di anni ’90.

Opening della serata è Ezra Furman in un’improbabile vestitino a fiori. Il poco più che adolescente del Midwest mette subito le cose in chiaro: “oi non vi aspettate nulla da me e io non mi aspetto nulla da voi!!. Perfetto! Con la sua chitarra, senza accompagnamento, in qualche canzone ricorda il casalingo e nostrano Bugo con schiaffi folk, punk e distorsioni, in altre canzoni invece riscopre la sua indole con qualche classica ballata in stile americano.

Ad aspettare il terzetto di Brooklyn, ormai quartetto con Doug Willard dei Guided by Voices, un pubblico multiforme in un Bronson non del tutto pieno: dalla ragazzina diciottenne all’over 40, giusto per sottolineare la ventennale carriera ed i 7 album alle spalle.

Matthew Caws si presenta con il suo immancabile bicchiere di vino rosso, il suo contagioso sorriso ed i due ragazzoni Daniel Lorca ed Ira Elliott.
Partiamo subito con canzoni nuove; per le vecchie c’è tempo dopo dichiara subito Matt, per il quale, a parte qualche capello bianco, il tempo sembra proprio non passare mai.
L’inizio è tirato con le prime due tracce dell’ultimo “The Stars are Indifferent to Astronomy” ma come promesso, il set è ben bilanciato tra vecchio e nuovo, più duro e più dolce e fa sorridere e cantare tutti con “Weightless”, “Teenage Dreams” e “Whose Authority”.

Sulla scia del successo di “Let Go” i pezzi degli ultimi album si assomigliano molto ed alla lunga potrebbero annoiare ma dal vivo le canzoni suonano più ruvide rispetto ai dischi, e la band, grazie anche all’ormai presenza stabile di Doug Willard ha un suono più imponente e rotondo, meno grezzo rispetto a quello degli anni passati quando il mercato richiedeva qualcosa di più diretto e forse più spontaneo.
Con Daniel Lorca sempre un po’ defilato e Ira Elliott relegato dietro la batteria, è Matthew Caws a conversare col pubblico anche se la serata sembra essere un po’ magra di argomenti. Da notare come, con molta eleganza, ha riposto la sua spiegazione di “When I was Young” perchè sembrava che nessuno avesse mai passato una sera di novembre sul divano guardando “The Groundhog Day” (“Ricomincio da capo” in Italia) con l’ex acchiappafantasmi Bill Murray che si svegliava sempre nel medesimo giorno.

I pezzi vecchi però, come promesso arrivano a metà  set; “Treehouse” e “80 Windows” ci riportano direttamente ai primi due album “High/Low” e “Proximity Effect” rispettivamente ’96 e ’98 quando il piglio era molto più rock e la band si diverte a suonare e muoversi sul palco.
Il finale è dedicato alle hit che li hanno resi famosi. “Inside of Love” e “The Way you wear your head” chiudono il set mentre nell’encore arriva “Always Love” direttamente da “The Weight is a Gift” (un po’ trascurato), “Blonde on Blonde” ed il coro Fuck it finale di “Blankest Year”.

Mentre la band si avvicina al bar per scambiare due chiacchere, il tizio che mi stava dietro mi guarda e stranito mi domanda: Ma Where is my Mind? E i Pixes? “….dai!!!. Certo, mancava anche “Happy Kid” per esempio, ma io vado a casa contento lo stesso!” rispondo.
Nella loro semplicità  i Nada Surf si sono confermati una certezza in questo mercato dove ci si vende per due arance o per le stesse due arance si viene venduti. Non sono mai stati da copertina patinata nè mai lo saranno, ma come direbbe qualcuno, sono ancora dei grandi operai del rock!

Setlist
CLEAR EYE CLOUDED MIND
WAITING FOR SOMETHING
DO IT AGAIN
WEIGHTLESS
TEENAGE DREAMS
KILLIAN’S RED
WHOSE AUTHORITY
JULES AND JIM
TREEHOUSE
80 WINDOWS
WHEN I WAS YOUNG
HI-SPEED SOUL
PAPER BOATS
NO SNOW ON THE MOUNTAIN
BEAUTIFUL BEAT
SEE THESE BONES
INSIDE OF LOVE
THE WAY THE WAY YOU WEAR YOUR HEAD

-encore-

ALWAYS LOVE
BLONDE ON BLONDE
BLANKEST YEAR

Credit Foto: Annie Dressner