In ogni disco di Damien Jurado l’America prende forma. In ogni disco del cantautore di Seattle si respira aria delle aride pianure desertiche del Mojave e delle cime nevose del Nevada. Vi si possono ammirare i magnifici paesaggi selvaggi dell’entroterra o scorgere i grigioscuri grattacieli newyorkesi. Nei dischi di Jurado l’America vive.
Questo vale dal 1997 (anno del debutto “Waters Ave S”) ad oggi, 21 gennaio 2014, giorno in cui vede la luce “Brothers and Sisters of the Eternal Son” undicesimo disco in studio che conferma Jurado come uno dei più interessanti e talentuosi cantautori folk statunitensi. è vero non sarà  un’artista capace di farsi riconoscere per il troppo estro tecnico. Le sue produzioni non sono mai state nulla di trascendentalmente originale. Ma gli accordi soffici e malinconici che Jurado è in grado di produrre alla fine ti si aggrappano addosso, vanno a toccare i nervi più sensibili producendo emozioni uniche.

Damien Jurado è facile immaginarselo seduto in un bar buttato lungo una desolante strada del deserto a sorgeggiare caffè. Fuori, parcheggiato, il suo pickup e nel posteriore un carico pronto ad essere trasportato da una parte all’altra della superficie stella e strisce. Jurado potrebbe benissimo vestire i panni del tipico allevatore o boscaiolo americano e invece il suo talento è quello di costruire piccoli diamanti di musica folk. Come le leggiadre “Silver Timothy” e “Silver Donna” (una sorta di jam sixties di cui ci potremmo immaginare far parte i soliti Crosby, Stills&Nash e il meno datato Jonathan Wilson), le ballate piano voce “Metallic Cloud”, “Silver Katherine” e “Silver Joy”, le irrequiete “Jericho Road” o “Return To Maraqopa” e la più frizzante “Suns In Our Mind”.
Alla fine dei suoi 35 minuti “Brothers and Sisters of the Eternal Son” ti fa sentire come se avessi attraversato la ‘terra promessa’ da est ad ovest, da nord a sud. Con Damien Jurado lì a sussurrarti la colonna sonora perfetta. Non si potrebbe chiedere di meglio.

Credit Foto: Elise Tyler