E’ una collaborazione insolita ma non del tutto inattesa quella tra l’osso duro del dream pop Dean Wareham (Luna, Galaxie 500, Dean & Britta) e lo stralunato puledro di razza del folk psichedelico Chris Porpora, in arte Cheval Sombre. Si conoscono da quasi un decennio e l’ex insegnante e poeta Chris Porpora ha inciso il primo disco per la Double Feature, etichetta gestita da Wareham e Britta Phillips (lo stesso Dean Wareham ha collaborato ad alcuni brani di “Mad Love” il secondo album di Cheval Sombre dove compariva anche Andrew VanWyngarden dei MGMT).

L’allievo incontra il maestro insomma, ma in realtà  i due sono ben contenti di giocare in campo neutro reinterpretando dieci brani che vanno dal folk classico al country che confina col western (non a caso chiamano la loro musica western dream pop). Storie di ribelli, fuorilegge e cowboy con cui la coppia Wareham ““ Porpora si identifica completamente, alternandosi al microfono in una cavalcata tra nomi noti e meno noti. Non semplici cover ma omaggi piuttosto sentiti, soprattutto quelli a Marty Robbins (“The Bend In The River”) e Michael Holland (“Mountains Of The Moon”).

Dean & Chris non si spaventano nemmeno davanti a sua maestà  Bob Dylan, recuperando un pezzo degli anni sessanta (“Tomorrow Is A Long Time”) che faceva parte dei “The Witmark Demos 1962-64” (pubblicato nel capitolo numero nove delle Bootleg Series dylaniane) o a un mostro sacro del country come Townes Van Zandt, che fa piacere ritrovare a poca distanza dall’amico di sempre Blaze Foley. Musicista che avrebbe meritato miglior fortuna e che ora sta vivendo un momento di notorietà  postuma (è morto nel 1989) grazie al biopic “Blaze” diretto da Ethan Hawke. Wareham & Porpora lo ricordano con una dolce versione del suo brano più famoso “If I Could Only Fly”.

Ma non fanno proprio tutto da soli: sono accompagnati da una backing band d’eccezione, formata da Britta Phillips, Anthony LaMarca (The War On Drugs) e Will Halsey (Sugarcandy Mountain) che danno un contributo fondamentale soprattutto in “Wayfaring Stranger” e “Alberta”. Divertentissime la fischiettante “Wand’rin’ Star” tratta dalla colonna sonora di “La ballata della città  senza nome” di Joshua Logan e l’altrettanto fischiettante ritornello di “My Rifle, My Pony And Me” che Dean Martin e Ricky Nelson cantavano in “Rio Bravo”.

Curiosa, ma non poi così tanto, l’inclusione di “Grand Canyon” dei The Magnetic Fields, che in questa versione molto più pop evoca i grandi spazi delle pianure americane e dimostra che Dean Wareham e Cheval Sombre non guardano solo al passato. Loro sono cowboy 2.0. Cowboy psichedelici con la chitarra acustica al collo. Cowboy del nuovo millennio con gli stivali sporchi di polvere e la voglia di continuare a viaggiare che regalano un disco indubbiamente piacevole.