Criticare e rimpiangere non sono verbi adatti a qualcuno che deve parlare di musica: l’imperativo è sempre stato, almeno per me, perdersi nella contemporaneità  e trovare spesso delle perle musicali che meritano di essere raccontate.

“Polaroid” è la nuova uscita di Carl Brave x Franco126, duo che con questo lavoro si impone sulla scena rap-cantautoriale con la forza di una raffica di 10 brevi luci scintillanti che rappresentano uno scoppio di bellezza. Un abbraccio che si estende oltre la città  raccontata dal disco, Roma, per cogliere l’essenza di una generazione perduta, che si spera troverà  in questo lavoro una vera forza innovativa.

Dieci brani che offrono tanto, sia dal punto di vista artistico che emotivo, un racconto lo-fi di un’adolescenza passata tra desideri mancati e qualche rimpianto, raccontato con lucidità  e poesia.
Tutto è molto essenziale, minimale, ma i quadri regalati sono ricchi e variopinti e si adagiano perfettamente su un malessere esistenziale spaventosamente attuale.
La loro ricerca, in particolare sui testi, è estremamente attenta. Roma sembra una descrizione della New York di Garcia Lorca: A river that sings and flows/past bedrooms in the boroughs”” / and it’s money, cement, or wind / in New York’s counterfeit dawn (“….) But I didn’t come to see the sky. Nemmeno loro sono qui per parlare del cielo, tutto in Polaroid è a misura d’uomo e ogni particolare è vero, Polaroid è uno spaccato, che ci piaccia o no, di realtà .

Non c’è alcuna teatralità  forzata nelle loro parole, la musica diventa un modo per inserirsi in un palcoscenico ben più variegato, siamo dinanzi ad una commedia umana.

Etichettare come trap o rap tutto il loro lavoro sarebbe banale e sprovveduto: il disco è un mix di cantautorato vecchio e nuovo, di rap con accenni acustici, uno spazio dove anche una chitarra e un violoncello possono convivere su delle basi splendidamente semplici, che profumano di strade, di vicinato, di casa.
Questo disco odora di forno, di cornetto al cioccolato, di una bottega del pane sotto al Tevere che è sempre piena di gente quando fa buio. Ogni canzone diventa un piccolo centro di ritrovo di persone e emozioni, spesso anche di tristezze.
Non c’è nessuna profezia, solo il racconto del reale nell’album. La loro è una vocazione verso un’ineccepibile ricerca testuale che li ha portati ad essere contemporanei e profondi.
on c’è una sparatoria e nemmeno un pusher incazzato, in “Polaroid” si parla di me, di te (che spero stai ancora leggendo) e di una generazione Y che è reale e dietro questo disco costruirà  sicuramente una nuova storia.

Per scoprire il disco, ancor più nel profondo, andate ad ascoltarlo. Basta leggere.