Il 2017 è stato un anno da ricordare per Alaina Moore e Patrick Riley, coppia nella vita oltre che in musica. A marzo è uscito “Yours Conditionally” il quarto album dei Tennis, la band che hanno creato nel 2010 dopo otto mesi passati alla scoperta dell’Oceano Atlantico sulla loro barca (lo Swift Ranger) in uno di quei viaggi post laurea che molti possono solo sognare. Un album che gli ha regalato quel successo che da tempo cercavano. Non stupisce quindi che appena qualche mese dopo tornino a farsi sentire con un EP che fin dal titolo suona come un ringraziamento: dopo quello che ci è successo di recente, possiamo anche morire felici.

“Yours Conditionally” parlava di matrimonio e sentimenti in modo piuttosto onesto e non si allontanava molto dalla formula che i Tennis avevano sperimentato col primo album “Cape Dory” e via via perfezionato in “Young & Old” e “Ritual In Repeat”: tanto pop anni settanta (dai Carpenters ai Fleetwood Mac) chitarre gentili e la voce di Alaina Moore che s’infila in ogni brano come se stesse cantando nella stanza da letto di chi ascolta. Stesso discorso per “We Can Die Happy Now”, che nulla aggiunge alla discografia dei Tennis ma regala alcune canzoni decisamente valide, l’intensa “Building God” e “I Miss That Feeling” su tutte.

Sarà  interessante scoprire verso quale porto faranno rotta Alaina Moore e Patrick Riley quando inizieranno a pensare al prossimo disco. “Diamond Rings”, che gioca con effetti molto à  la Beach House, mostra un lato diverso dei Tennis che sarebbe bello scoprire. “We Can Die Happy Now” insomma somiglia a “Small Sound”, l’EP che Moore e Riley hanno pubblicato nel 2013 un anno prima di “Ritual In Repeat”. Il classico disco interlocutorio che regala qualche bella sorpresa.

Credit Foto: Luca Venter