Le delusioni arrivano dalle aspettative, poco da fare. Lo sa bene anche Letizia Cesarini che su questo argomento ha praticamente incentrato i testi del suo nuovo album. Per fortuna in Maria Antonietta le nostre aspettative sono da sempre pari allo zero, essendo lei “ottima” esponente del ‘basso talento in musica’, quindi figurarsi se riponevamo fiducia e figurarsi se un qualche tipo di delusione potrebbe mai arrivare. Bene così.

La fanciulla arriva al quarto album e c’è sempre quella voglia di raccontarsi, di mettere in luce un suo percorso umano e di fare considerazioni agrodolci su quanto accade intorno a lei, il tutto in un contesto sonoro che non ha nulla a che vedere con lo pseudo rock “courtneyloviano” dei “primi tempi”, ma che anzi si dimostra un pop morbido, gentile, decisamente laccato e leggero e fin troppo innocuo. D’altra parte lei stessa ammette di essere partita riot grrrl e ora si trova ad adorare Lana Del Rey, artista che di vero e talentuoso ha, per ora, poco (la vorrei vedere senza la schiera di produttori e scrittori al suo fianco). Quindi anche in questo caso la delusione non esiste. Ho accennato sopra al contenuto dei testi. Letizia si dice ispirata ad autori decisamente importanti. Nelle sue banalità  di questa nobile letteratura non c’è traccia. C’è un tentativo di fare considerazioni mature e di generare vicinanza empatica nell’ascoltatore, ma non c’è una reale capacità  di andare a scavare in profondità  e suscitare curiosità : il suo cantautorato, che vorrebbe essere quantomeno un po’ ricercato, si diluisce e sbiadisce senza sussulti, tra moti d’orgoglio personali, ottimismo finto arrogante, cadute d’umore e pensieri sul fatto che lei, degli altri, se ne frega. Ne prendiamo atto, ma il coinvolgimento proprio non c’è.

Nessuna delusione cara Maria Antonietta. Ci soffermiamo su qualche motivetto appena simpatico, ma per il resto passiamo oltre con discreto entusiasmo.