Duro colpo questo “Bay Dream” per chi vedeva i Culture Abuse come paladini di un punk-rock bello carico e dal suono fragoroso. Il gruppo guidato da David Kelling abbassa il tiro rumoroso e alza quello più “pop”, andando a sposare trame più rassicuranti in termini di arrangiamenti.

Un pizzico di west-coast surf-pop, una punta di melodie dal gusto Beach Boys, spezie dal vago profumo di grunge ammorbidito, una spruzzata di Weezer e, a parte, una forte salsa al sapore pop-rock anni ’90 (quelle canzoni che si trovavano nei telefilm più gettonati dell’epoca – che chi vi scrive, classe’75, ha ben visionato – e band tipo i Phantom Planet): ecco la ricetta dei “nuovi” Culture Abuse, che sono passati dall’urgenza dell’esordio a una maggior “riflessività ” (maturità  mi pare una parola grossa), che si ritrova sopratutto nei testi, piuttosto agrodolci a dire il vero. Musicalmente tutto è levigato   a dovere da Carlos de la Garza che muta completamente la natura della band.

Qualcosa comunque funziona decisamente bene , tipo il singolo “Calm E”, che incalza e ci tiene bene sulla corda, altri episodi invece non hanno lo stesso tiro e, seppur tutto suoni molto semplice e immediato, il senso di “data di scadenza fin troppo ravvicinata” non ci abbandona, quando addirittura non emerge la noia o un peso specifico davvero povero (“Bluebird On My Shoulder”).

Disco estivo, senza dubbio, ma anche pronto all’immediato accantonamento con i primissimi freddi.