Il nostro Simone Bonetti, da tempo estimatore assoluto dei Tiamat, non ha perso l’occasione per andarli a vedere nell’ottimo contesto del ‘Metalitalia’ al Live Club di Trezzo sull’Adda.

Anche se “relegati” al ruolo di co-headliner di serata, l’esibizione degli svedesi Tiamat è indubbiamente il piatto forte dell’ottima seconda giornata del Metalitalia, non fosse altro per la scaletta che prevede l’esecuzione per intero dei loro capolavori ormai ultraventennali “Clouds” e “Wildhoney”.

Come ampiamente preventivabile le condizioni di salute del “totem” della band Johan Edlund non sono proprio rosee, la camminata è stanca, lenta e ingobbita e lo sguardo spesso perso nel vuoto. Il frontman sembra davvero lontano parente dell’Edlund che quasi 10 anni fa strabiliò i pochi fortunati presenti all’Estragon di Bologna. Più che lontano parente direi forse addirittura il nonno. O al massimo lo zio imbruttito. E lo diciamo con rammarico, ovviamente.

Nonostante non imbracci più la chitarra e la sua voce spesso pecchi di precisione e forza, Edlund grazie al suo immenso e innato carisma colma tutte queste lacune. Lo show si apre senza tanti preamboli con la trasognante “In a dream”, seguita poi da tutti gli altri pezzi di “Clouds” in perfetto ordine, tra le quali spiccano la meravigliosa “A caress of stars” e l’iconica “Sleeping beauty”, col ritornello cantato a squarciagola dai presenti. Il suono arriva alle nostre orecchie abbastanza bene ma non benissimo, il volume di voce e tastiere è un po’ basso rispetto agli altri strumenti, ma dall’intro di Wildhoney migliora un po’ tutto e con la seguente “Whatever that hurts” e la “gemella” “The ar” lo show raggiunge il suo apice. Se si chiudono gli occhi sembra di essere tornati indietro nel tempo, il granitico riff portante accompagnato da una ritrovata energia vocale di Edlund sono da brividi, soprattutto per chi come me li aveva scoperti negli anni ’90 attraverso le rare e mitiche “fanzine” dell’epoca. Il concerto si chiude ovviamente con l’eterea “Gaia”, pezzo dalle tematiche quanto mai attuali.

Anche se “Wildhoney” non viene suonato per intero (e anche se il concerto dura 75 minuti e non 90) lo show è stato un piacevole tuffo nel passato che ha portato i presenti direttamente a quegli irripetibili anni ’90 dove in ambito metal non ti potevi distrarre un attimo che usciva un album capolavoro.

Grazie ancora, Tiamat!