di Micky (della pagina Horror House)

Si tratta del grande ritorno di Pascal Lauguier alla regia, che con “Saint Ange”, “I Bambini di Cold Rock” e soprattutto “Martyrs”, si è affermato nel panorama del genere horror. Personalmente, non sono un così grande sostenitore di “Martyrs”, che tutti considerano un capolavoro. Ma almeno in questo caso è più che giusto considerarlo tale, perchè si tratta oggettivamente di un film davvero magnifico, che tocca corde profonde e che racconta con una brutalità  disarmante una storia impegnativa, ma lo fa con una grandissima classe.
La stessa classe la ritroviamo in “La Casa Delle Bambole”, ma che a mio parere tocca vette anche più alte, che raramente vengono raggiunte nel cinema horror mainstream.

Il vero capolavoro arriva verso la metà  del film, dove Laugier cambia totalmente le carte in tavola e crea una sorta di gioco della realtà  con lo spettatore, facendosi beffe di lui ribaltando tutto ciò che ha appena visto, ottenendo così il risultato di depistarlo.
Non ci troviamo davanti ad un semplice home invasion come inizialmente il regista ci ha fatto credere. “La Casa Delle Bambole” è ben oltre tutto questo, anche oltre lo stesso titolo. Le bambole sono oggetti di arredo di una casa che diventa quasi la trasfigurazione della realtà  stessa.
Le protagoniste sono rinchiuse in quella casa, piena di bambole che zia Clarissa ha collezionato per tutta la vita. La casa è il punto di partenza, ma anche il punto di arrivo per Beth, il luogo dell’inferno che ha vissuto e che ancora continua a vivere. Le bambole sono ció che le protagoniste sono costrette a diventare per sopravvivere, per evitare che il male continui a giocare con loro.

Beth nella sua mente ha creato un vero mondo personale nel quale si rifugia per scappare dalla realtà , un incubo ben più terrificante di qualsiasi sogno spaventoso. Ed è proprio questo il punto forte del film: una realtà  più terrificante di qualsiasi incubo, dove forze terrene sono dei veri e propri mostri che utilizzano la violenza come arma di distruzione. Nessun demone, nessuna presenza, nessun fantasma. L’uomo come unico portatore di sofferenza. Ed è per fuggire a questa sofferenza che Beth si rinchiude nella sua stessa mente, creando proiezioni benefiche sfruttando piccoli pezzi che appartengono al suo reale incubo.

La casa è esattamente com’era, mamma.
Non lo so da dove hai preso il tuo talento. La capacità  di crearti un mondo tutto tuo…

Tutto questo Laugier prova a svelarcelo in punta di piedi, attraverso frasi che solo alla seconda visione lo spettatore riuscirebbe a cogliere. Tutto, ogni dialogo, parola o frase acquisisce davvero senso alla seconda visione.
Ma anche nel sogno di Beth, il regista inserisce l’oscura realtà . La ragazza infatti ha davanti a se sua sorella Vera totalmente impossibilitata a riconoscere ció che è reale da ció che invece non lo è. Vera non è altro che la proiezione che Beth ha realizzato di se stessa, l’unico vero collegamento con quell’incubo. Ha spostato il suo dolore sulla sorella per allontanarsi totalmente da quella terrificante realtà . Nel momento in cui il male inizia “a giocare” con lei, il mondo di Beth viene invaso dall’oscurità . Ed ecco che spuntano lividi, ferite e graffi sulla sua pelle, fino a quando la sua mente non riesce più a permetterle di rifugiarsi nel sogno. Il crollo.
Con questo plot twist, Laugier si è davvero superato, ha realizzato qualcosa di inimmaginabile, un’assoluta discesa in un sogno come difesa da un reale incubo.

Non c’è dubbio che all’interno della pellicola si possono rintracciare omaggi, citazioni o similitudini ad altri film, come ad esempio allo stile di “Non Aprite Quella Porta”, ma possiamo vedere anche lo stesso “Martyrs”, nel quale c’è sempre un forte legame nella sventura tra due ragazze, ma anche l’estrema violenza psicologica inferta.
Inoltre ho trovato anche una grande similitudine con “The Exorcism of Emily Rose”, ma forse l’ho trovata solo io perchè cerco sempre di andare oltre. Nella scena in cui Beth ha nuovamente un tuffo nel suo mondo utopico, dopo aver incontrato il suo idolo Lovecraft (in quel momento sono tipo rimasto a bocca aperta dallo stupore), si trova ad un bivio, davanti al quale deve scegliere se rimanere nel sogno creato dalla sua mente oppure tornare alla realtà -incubo per salvare sua sorella. In questa scena ci ho visto molto di Emily Rose, quando la ragazza si trova costretta a prendere una decisione durante l’esorcismo: accettare una morte meno “dolorosa” rimanendo in quella sorta di paradiso, oppure tornare indietro e affrontare il suo destino, lottando contro i suoi demoni personali ma diventando quasi una martire.
Entrambe le ragazze hanno scelto la via più tortuosa, quella più rischiosa e terribile. E Beth ha rinunciato ad una vita fittizia ma perfetta, fatta di sogni realizzati, totale felicità  e perfezione, per poter anche solo provare a salvare sua sorella Vera.
Ed è in questo momento che il suo personaggio fa un cambiamento radicale, passando dall’essere totalmente imprigionata nell’insicurezza e nella paura bloccandosi di fronte al pericolo, a buttarcisi dentro senza riflettere, andando all’attacco mossa dall’amore e dal desiderio di sopravvivenza.

“La Casa Delle Bambole” è un film davvero forte, potente, nel suo piccolo riesce a scuotere nel profondo l’animo dello spettatore, a turbarlo e a costringerlo ad immedesimarsi nelle protagoniste di questa terribile storia.
è il racconto di una discesa in un vero inferno e della sua risalita, dove la certezza della meta raggiunta crolla velocemente ed inaspettatamente, trasportandoci nuovamente nell’incubo insieme alle protagoniste, costrette a rialzarsi per sopravvivere.
Beth non lo sa ma è un altro inferno quello in cui si è rinchiusa da sola, una finta realtà  apparentemente perfetta ma destinata a sgretolarsi. La consapevolezza che la perfezione è una chimera distrugge tutto nell’esatto momento in cui se ne prende coscienza

Laugier ci ha regalato un titolo devastante e pieno di tensione, costantemente ritmato e ben bilanciato. La regia è impeccabile, tutto funziona alla perfezione, anche quel dettaglio meno convincente acquisisce forza e classe.
La prova di tutte le protagoniste è ineccepibile. Crystal Reed, che qui trovo di una bellezza disarmante, riesce a smuovere e turbare lo spettatore con i suoi sguardi, le sue urla.
La fotografia e la scenografia sono da dipinto ottocentesco, con tutte quelle bambole posizionate al centimetro, tutte di una tonalità  giallastra e ambrata, di un bianco perla spento che riflette il loro deterioramento, con crepe e dettagli mal messi. L’atmosfera opprimente di quella casa fa da padrona in tutto il film, anche se la casa assume un ruolo secondario alla storia, da comunque quel senso di decadenza e disagio continuo.

Finalmente abbiamo un film fatto alla perfezione, artisticamente impeccabile e davvero sorprendente. Non mancano i classici stilemi dell’horror moderno, come ad esempio i jumpscare, che peró arricchiscono solamente la storia, senza appesantirla o renderla banale, sono inseriti come mezzo per smorzare la tensione e non come unico modo per spaventare. Perchè qui la paura è tangibile ed è totalmente diversa da quello che inizialmente si puó pensare, è qualcosa di molto più profondo e terribile.
In più sono davvero molto contento che stia ottenendo un grande consenso del pubblico. Pubblico che in sala (piena, ad un orario nemmeno ottimale), durante lo spettacolo a cui ho assistito io, è riuscito a rimanere in silenzio dall’inizio alla fine del film. Fin dal principio in sala era calato il gelo. E tutto questo è bellissimo. Vuol dire che l’horror puó dare ancora tanto. Ne è l’esempio quest’opera di Lauguier.

Quindi andiamo al cinema e sosteniamo gli ottimi prodotti! Verremo ripagati sicuramente col tempo. E qui veniamo ripagati nell’immediato.
Un capolavoro.