Il 2009 è stato l’anno in cui la rigida suddivisione tra generi musicali (rock, pop, indie rock, indie pop e via discorrendo) è stata seriamente messa in pericolo da un manipolo di band agguerrite che non amavano le etichette, le classificazioni e nemmeno le classifiche. “Bitte Orca” dei Dirty Projectors ha contribuito in maniera determinante a quel momento di creatività  fuori dagli schemi. La band di David Longstreth era ormai al sesto album e non lasciava certo indifferenti.

Amati e odiati in egual misura, i Dirty Projectors hanno creato quello che è ancora oggi considerato il loro capolavoro. La copertina creata da Rob Carmichael della Catsup Plate Records (suo anche il design della cover di “Merriweather Post Pavilion” e di molti altri album degli Animal Collective) era ispirata a quella di “Slaves’ Graves and Ballads”, album che Longstreth aveva creato in splendida solitudine nel 2004. Ma era anche un omaggio all’arte europea, con i volti di Angel Deradoorian e Amber Coffman in primo piano (David compariva nella foto sul retro insieme al filosofo Nietzsche).

“Bitte Orca” è l’album in cui i Dirty Projectors diventano ufficialmente un collettivo, ospitando Nat Baldwin al basso e Haley Dekle che affianca alla voce Deradoorian e Coffman. Dave Longstreth abbandonava momentaneamente il ruolo di frontman per trasformarsi in uno strano direttore d’orchestra, che si muoveva con sicurezza tra assoli di chitarra, falsetti, archi e le voci femminili messe in evidenza come mai era successo prima. Quarantuno minuti di musica eccentrica, colorata, vivace e scoppiettante che non hanno perso la loro freschezza anche dopo dieci anni.

Data di pubblicazione: 9 giugno 2009
Produttore: David Longstreth
Tracce: 9
Lunghezza: 41:08
Etichetta: Domino

1. Cannibal Resource
2. Temecula Sunrise
3. The Bride
4. Stillness Is the Move
5. Two Doves
6. Useful Chamber
7. No Intention
8. Remade Horizon
9. Fluorescent Half Dome