E sono 11 i dischi dei Wilco! Si era parlato con “Star Wars” (2015) e “Schmilco” (2016) (gli ultimi due lavori della band) di fretta compositiva, stanchezza artistica, strana e stramba svogliatezza che in effetti qualche barcollamento manifestavano soprattutto alla luce dell’inarrivabile asticella alzata della loro cifra artistica con la tripletta dei sogni   “Yankee Hotel Foxtrot”, “A Ghost is Born” , “Sky Blue Sky”. è proprio da qui che bisogna ripartire per tracciare un discorso sul nuovo lavoro della band. Evitare paragoni con la summa artistica raggiunta agli inizi del nuovo millennio mi sembra il modo giusto per ascoltare le 11 bellissime e coraggiose tracce di “Ode to Joy”.

L’apertura affidata alla bellissima “Bright Leaves” ci riporta alla lentezza sonora articolata, rumorosa, onirica e piena di malinconia che la voce di Jeff   Tweedy esalta con il suo stile. Un inizio fatto di reminiscenze atmosferiche e rtmiche  quali “Sunken Treasure”, “She’ s a Jar” che portano subito l’ascolto su un piano articolato, lento, vago, sussurato ma pieno di poesia con la disarmante semplicità  con la quale i Wilco sono soliti dipingere canzoni malinconiche senza mai lasciarsi troppo andare a vaghezze di pensiero e stucchevoli clichè. Il suono all’apparenza scarno mostra man mano che si va avanti con l’ascolto un’architettura ben strutturata con una sessione ritmica martellante, stretta, poco brillante (sentire dei piatti suonati da Kotche  è una bella sfida) ma allo stesso tempo capace di garantire sicurezza ed efficacia e struttura come in “Quiet Amplifier” e “We were Lucky”, pezzi e intuizioni chitarristiche che ci riportano a caratteristiche ben manifesti in “Yankee Hotel Foxtrot”. I due singoli “Love is Everywhere (Beware)” con un riff di chitarra etereo, 70’s e sublime e “Everyone Hides” con un video molto vero e intelligente, pieno di autoironia danno un tratto più spensierato e positivo ma anche riflessivo su cosa può essere lo stress del musicista, del lavoro, di qualsiasi cosa fai. Mancano gli assoluti lampi di classe che la scrittura di Tweedy e l’immensa bravura dei Wilco hanno saputo fare negli anni passati ma canzoni come “Hold Me Anyway” che ti catapulta nel cuore di un momento Georgeharrisoniano e il melanconico e bellissimo pezzo che chiude “OTJ” “An Empty Corner” sono due autentiche perle di un disco veramente ricco di sorprese a suggestioni che nascono, crescono e si evolvono di ascolto in ascolto.

Poco Wilco e più Tweedy sembra l’ultimo lavoro studio. L’impressione c’è ma è solo un forse non tanto. La sensazione è che dopo un doppio solista e un libro Jeff Tweedy   ha messo le cose in chiaro chiudendo una sorta di cerchio con un ritorno alla scrittura con la band che seppur in maniera poco evidente, in sordina e quasi nascosta, ha realizzato un arrangiamento impressionante, sincero, segno di una vitalità  artistica lucida e viva, fatta di coraggio e capacità  singolari, uniche in un panorama musicale sempre più superficiale e artificioso. Merita un ascolto intelligente, attento e non fuggevole come il nostro tempo ci porta a fare. Non bisogna perdere questa meravigliosa abitudine e immenso privilegio.

“Ode To Joy” è ricco di suoni da afferrare, captare, ascoltare, scoprire.

Lunga vita a Jeff, John, Nels, Glenn, Pat, Mikeal.

Credit Foto: Shervin Lainez